Meriggio

scritto da Sanfedista il 3 febbraio 2011,16:43
Un profumo stampato in testa. Cascata di glicine estiva.
La noia quando è frutto di una scelta è sperimentazione.
Ed il pomeriggio, i pomeriggi, sono teatri perfetti per la prima estate, la tarda primavera, la noia, il glicine e le sperimentazioni.
Il periodo universitario in cui c'era molta libertà e poche responsabilità veniva subito dopo il periodo scolastico in cui c'era poca libertà e poche responsabilità e subito prima del lavoro in cui c'è molta libertà ma molte responsabilità. Scrivere, scrivere e scrivere. Scrivo ininterrottamente da 15 anni, prima per esigenza, poi per passione, ora per lavoro. Dopo il lavoro scrivo ancora, per me e per il blog.
Ma il pomeriggio, alcuni pomeriggi con alcune caratteristiche di luce mi fanno perdere per qualche secondo le mie coordinate anagrafiche ed allora penso che potrei mollare tutto e semplicemente andarmi a prendere un caffè con Gaetano con la sua vespa e il mio Leonardo.  Discernere sulle donne e programmare la serata, tanto domattina ci sono i corsi all'università, ovvero nulla.


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La mia prima macchina

scritto da Sanfedista il 17 settembre 2010,01:04
Non sono stato promosso subito all'esame di guida. Fui bocciato alla teoria una volta. In quel periodo in realtà non ero molto promosso in genere. A legge claudicavo, un professore mi consigliò di cambiare facoltà, e il tempo lo gestivo con la foga di chi aveva molto tempo ed aveva molte cose da sperimentare. Avevo una buona disponibilità di soldi, mio padre per i 18 anni mi aveva aperto un conto in banca con 10 milioni di lire, staccavo per ogni cosa assegni. Mi faceva sentire un professionista della vita. Avrei imparato solo dopo ad usare la carta di credito. Non avevo una macchina. Non avevo la patente. Presi la patente, come dicevo, al secondo tentativo. Telefonai subito a casa dopo l'esame andato bene. Mia mamma se ne rallegrò. Mio padre mi rispose che avrei fatto meglio ad impegnarmi nel diritto privato. Non aveva torto, mi rimisi l'anno dopo in qualche modo in regola e mi laureai a 24 anni.

Avevo da poco incominciato a fumare. Da sempre pensavo che non c'era nulla di meglio che fumare in macchina guidando in autostrada. Magari al tramonto, con la radio e i finestrini aperti. Lo desideravo, ed io nella mia vita ho cercato sempre, lo faccio tutt'ora, di realizzare i miei stereotipi personali più che ragionare su grandi progetti. Ho sempre voluto vivere per raggiungere piccoli stati d'essere, brevi scene teatrali immobili in cui calarmi, cercando di guardarmi dall'esterno. Essere per un secondo autore, attore e spettatore esterno. Ci sono sempre riuscito. Scrittore notturno con sigaretta. Silenzioso spettatore di un tramonto agli antipodi. Interprete di frasi ad effetto durante una cena affollata. Impacciato fidanzato. Tifoso a una finale. Padre di famiglia sorridente abitante di una casa luminosa una domenica mattina, su questo ci lavoro alacremente. Sono centinaia.

Avevo bisogno di una macchina. Scelsi la via più insolita. Avevo soldi. Avrei potuto prendere una golf nuova o un'Audi A3. A diciott'anni era comunque un gran bel guidare. Perlomeno per la buona borghesia a cui ho sempre appartenuto e di cui sono uno scettico sostenitore. Comprai una Volkswagen Corrado. Automobile che ebbe nella sua storia un successo limitatissimo. Per i costi di gestione elevati, per le soluzioni tecniche raffinate e quindi delicatissime. Duemila sedici valvole. Consumava come una portaerei. Ovviamente benzina, mai avuto auto diesel. La comprai e neanche l'andai a ritirare, il giorno della consegna avevo la febbre. Me la portarono sotto casa. Scesi, aprii il tettuccio e misi in moto. Da solo per Napoli. Tragitto ancora ineguagliato. Musica, sigaretta e finestrini aperti. Non raggiungevo la libertà, quella assoluta mi ha sempre spaventato un po' e trovo che sia un concetto troppo borghese, raggiungevo il mio primo grande, desiderato stereotipo. In due occasioni ho rischiato la morte con quella macchina, in mille altre mi ha lasciato a piedi. Disastroso impianto elettrico, davvero terribile. Ho avuto altre automobili. Altre 3. La amo ancora. Blu notte, con le marce dure e col motore che surriscaldandosi faceva diventare il piccolo abitacolo della coupé rovente. L'ho amata almeno quanto mi sono amato possedendola. Canzone sempre messa in ogni cd da macchin, inno ufficiale, "If I ever feel better" dei Phoenix. Ora gli dedicherei "Non ti scordar mai di me" colonna sonora del mio grande amore, del mio prossimo infinito stereotipo. L'ho venduta e sono sicuro che mi cerca ancora, magari mutata in qualche pezzo, trasformata in ferro che ho maneggiato trasformato in altro oggetto. Un I-Pad, un posacenere girevole, in litio che ho assunto e che mi ha fatto innamorare quella sera della mia donna. In arsenico che ho bevuto in acqua contaminata finita in falda, filtrando da uno scasso, e che mi ha reso per un giorno un po' più folle. Nel giorno giusto. L'ho amata e penso che la sua presenza sia in ogni cosa buona, come Dio per Eraclito o Spinoza.


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Poco moderno

scritto da Sanfedista il 31 maggio 2010,22:22
Sono senza tv è uno dei rarissimi momenti in cui questo può accadere. Io praticamente dipendo dalla tv. Ed allora luce spenta, sigaretta in mano, zampirone che illumina un po' il centro della stanza come un camino quasi estinto e canzone, sempre la stessa, in sottofondo. Mi ricordo di altre notti così, sempre a Roma, io napoletano in viaggio. Due estati fa esatte. Zanzare che neanche gli elicotteri a Saigon. Quello spirito pionieristico che anima noi bravi ragazzi alle prese con i primi bilanci.

Mi sembra giusto fare un piccolo bilancio i cui passaggi terrò per me, gli esiti però sostanzialmente sono positivi. Certo qualche piccolo correttivo, qualche revisione sul campo, ma mai un passo indietro. Non per cocciutaggine, io non lo sono, ma per cristallina convinzione. Ed allora l'unica cosa che non è cambiata è forse l'unica cosa di cui non sono soddisfatto, è giunto il momento di comprare l'auto nuova, anche se questo mi costringerà a modificare il profilo sul blog, che comunque andrebbe più ampiamente rivisto.

Sono un giurista ormai solo per studi e forse per quel po'di forma mentis che mi ha lasciato l'università. Cinico però resto, sempre prima con me stesso poi con gli altri. Viaggio un po'meno, quello sì, anche se questa estate abbiamo un programma. Prima plurale, ed allora sorrido. La bilancia sbatte violenta ed i pesi cadono sull'altro piatto. Fanculo Ruggeri, accendo la play.




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Ruvidezze, come sono.

scritto da Sanfedista il 4 gennaio 2009,16:54

In realtà potrei forse essere un reazionario clericale, forse sono un po’categorico, alle volte avventato. Tiro tardi, mi piace compiacermi delle situazioni malinconiche che vivo, edonista di sicuro, provocatore quando ne ho l’energia, altrimenti conformista per pigrizia. Riesco a fare sempre tre passi indietro, però, per guardare il mondo da prospettive diverse, cerco sempre di comprendere profondamente gli altri e indulgo su me stesso quando è necessario.

In amore non so, credo di dare molto, penso che quando sono innamorato lo sono così tanto da apparire tollerante fino all’indifferenza.  Tollero perchè amo e credo che solo con la libertà più ampia si possa compiere una scelta vincolante.

E’ come trovare le chiavi della prigione, entrare e dare doppia mandata; questo è l’amore per me.

Sono curioso, cerco sempre buone letture, ma non disdegno quelle mediocri, leggo dai significati delle bandiere del mondo ai romanzi di Saul Bellow o John Dos Passos.

Amo nelle canzoni alcune piccole parti, mi innamoro di alcune sfaccettature, magari anche dell’intonazione di una sola nota, tendo a riascoltarle anche per un pomeriggio intero.

Pigro al punto di stancarmi nel vedere gli altri affaccendati.

Disperato cultore di aforismi, del Napoli Calcio, di Napoli, della mia donna, che è la mia musa innanzitutto.

La velocità mi rilassa, credo che più si accelera e più il confine tra lo scopo ed il mezzo si sublimi, fino a cristallizarsi in un attimo di assoluto in cui la velocità è sinonimo di onnipotenza divina, diventa la capacità di dominare il tempo, di gustarlo.

Così anche la lentezza. Raramente indosso orologi, il mio rapporto col tempo è una comunione forzata, mi ammansisco alle lancette solo quando non potrei fare altrimenti. Ma è sempre un tempo imposto dall’esterno, o per motivi di lavoro o per armonica convivenza con un altro essere umano. Fosse per me il tempo sarebbe solo  una frusta, o uno scrigno di dolciumi da cui trarre ricordi per bearsi. Passati dolori o trascorse gioie hanno lo stesso gusto perchè me ne servo quando ne ho bisogno. Li scelgo attentamente.

Vivo con energia per riempire il serbatoio di rimembranze e per poter fantasticare sul futuro, di cui non parlo mai qui, perchè il sogno nel futuro è la sola cosa davvero personale che abbiamo, il presente ed il passato per quanto celato sono comunque di dominio abbastanza pubblico, già il fatto che li abbia già affrontati li degrada a porzioni di vita minori.

Mi si dice che non si riesce mai a possedermi nella mia totalità, c’è sempre una scheggia che sfugge e non fa tornare i conti. Lo vivo come un insulto che qualifica chi lo fa. Credo che per contenere una persona più che prenderne il passato bisogna rubarne un po’ di futuro, perchè solo sul futuro si può avere un dominio, quindi è condividendo i progetti per l’avvenire che l’armonia si compie, il passato di ognuno è di mole così ampia che nessuno mai potrà spiegare tutti i sassi che hanno composto la strada.

Sto imparando molto in questo spazio della mia vita e lo devo anche a chi mi sta intorno ed a chi mi ama. Riconosco sempre i meriti di chi mi circonda. Ed ora chi ho accanto ha meriti enormi. Vive con la lievezza di un raggio di luna, trema ed ha la fragilità del cristallo, ha occhi che balenano e una parte scura nella quale rifugiarsi. Sa sempre dove è nascosto il segreto della vita e delle cose che la compongono, è schietta e volenterosa nell’affrontare i giorni. E’ legata a me perlomeno quanto io sono legato a lei. E più le nostre visioni si allontanano più i nodi che ci legano si stringono; mi dimentico spesso se quello che pronuncia sia stato io a trasmetterglielo oppure mi suona familiare perchè è stato lei ad insegnarmelo.

Ruvidezze che danno spessore ad un’esistenza tra tante, ma unica come tutte.

Rileggo ed il presupposto del titolo che recitava egotico "Come sono", andrebbe mutato in "Amore ti spiego un po’ come sono", ma non lo cambierò, perchè tu tanto lo sai già…ruvidezze…

La milonga del domingo

scritto da Sanfedista il 26 novembre 2008,00:57

E diede fuoco alla sigaretta che maneggiava da un po’, con l’altra mano lasciò cadere l’accendino nel cappotto, con lo stesso movimento tirò fuori le chiavi della macchina, salì a bordo, accese il motore e dopo un istante i fari, il quadro s’illuminò. Poi i tergicristalli, ingranò la prima, guardò lo specchietto, lanciò uno sguardo ai suoi occhi riflessi e poi partì. Astor Piazzolla alla radio, la cintura stringeva il petto e conteneva il corpo nelle curve che veloci scorrevano sotto il 2.5.

Non è tanto il buio delle strade di notte, a quello rimediano i fari, è il buio che le circonda, quello subito dopo il guard rail. Pensò, scalando in terza.

La sigaretta era volata dal finestrino, lasciando entrare qualche goccia, Piazzolla continuava.

Sarà una cazzo di retrospettiva del tango argentino. Bizzarro, ma chi li decide i palinsesti radio? All’una di notte il tango. Mah.

Un caseggiato in lontananza, superandolo s’accorse che le finestre erano sbarrate ed un cartello di vendita era l’unica nota di colore sull’intonaco irrimediabilmente grigio.

Magari me lo compro con la liquidazione, sarebbe carino abitare su una strada statale dismessa in mezzo all’appennino. Potrei dopo un paio d’anni avere anche la luce elettrica…potrei vivere dei frutti del bosco, farmi crescere la barba e dipingere martirii di S.Sebastiano, anime del purgatorio e quanto di più truce la mitologia cristiana mi offre. 

La strada s’inarcava in tornanti sempre più curvi.

Benzina c’è, ho visto troppi film per farmi trovare senza carburante su una strada di montagna di notte sotto un temporale.

Sorrise e chiuse le sicure.  Accese un’altra sigaretta. Cambiò stazione, ma dopo un giro completo di frequenze la radio lo riportò ad Astor Piazzolla.

E sia.

Ripensò al matrimonio ed a quanto aveva fatto schifo il ragù di cinghiale. Aveva ancora quel disgustoso sapore in bocca, la sigaretta non migliorava. Ripensò a tutti quei pensieri banali che si fanno per tenersi svegli, quei pensieri che alle volte lambiscono l’onirico, quelli che sono esattamente il bagnasciuga tra la veglia ed il sonno, quelli che poi scivoli ancora un po’ e ti trovi a continuarli dormendo materializzati in sogno.

Merda, muretto, muretto, muretto, cazzo, cazzo.

La macchina cominciò a strusciare sul muretto in pietra, un rumore folle e poi stasi. L’aria, l’interruzione. Di nuovo rumore, l’auto rotolò veloce verso il basso, poi di nuovo silenzio.

Crepare con Astor Piazzolla non è male, i tergicristalli vanno ancora, ma ha smesso di piovere…

L’ultimo pensiero a Victor che proprio quel pomeriggio gli aveva confessato nell’orecchio il senso della vita, era un segno.

I mulini li vedi ancora? Dimmi però dov’è il vento. Dimmi però dov’è il vento…

Un colpo di tosse e libertango in sottofondo. Se ne andò via con il vento.

latinismi

scritto da Sanfedista il 12 ottobre 2008,19:52

Animus meminisse horret.

L’anima trema d’orrore nel ricordare.

Questa frase, fatta pronunciare da Publio Virgilio Marone al "pio" Enea quando s’appresta a narrare della caduta di Troia, descrive meglio di ogni altra cosa, che non è la mente che ricorda ma il cuore. Non c’è fuga; alle volte la scienza è fallace.

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consiglio del giorno.

scritto da Sanfedista il 16 maggio 2008,10:09
Non tornare mai dove si è stati felici.
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Quando si era tennager…

scritto da Sanfedista il 2 maggio 2008,16:34

Perchè risentire "la canzone che scrivo per te" dei Marlene Kuntz, figlia di papà napster, mi dice che avrei scritto un post in versi oggi, se avessi avuto dai 16 ai 18anni. Fumavo meno e forse scopavo anche meno…

Diciamolo:

1) In tre sul motorino, e non eravamo scippatori…

2) No, il preservativo al contrario.

3) "…quindi ci hai fatto l’amore?"

4) Stasera festone.

5) [il giorno dopo] "No, compleanno della nonna, vi prego il brindisi no, ho ancora la sangria sullo stomaco"

6) "Porto io una cassetta, ci vediamo i mondiali e poi indianata"

7) "Forte sta canna" (ndr era dado knorr sbriciolato)

8) "Sto troppo male per lei, perchè si è messa con quello"

9) Il primo mese: "Stasera che fai?" "Nulla festeggio il mesiversario"

10) "Pazzesco, ieri sono tornato alle 5, ho beccato una cazziata dai miei"

11) "Mi presti il motorino?"

12) "Ma perchè quelle della nostra età non ci cagano?"

13) "Domani compito, stasera stiamo a casa"

14) Ultimo giorno di scuola, che fai quest’estate? Io forse villaggio coi miei…Divertiti ci vediamo a settembre (i cellulari erano ancora le camionette della polizia e messenger, mess…cosa?)

15) "Quest’estate ho beccato una tipa, mi ha fatto mettere le mani sotto la maglietta" "DAI RACCONTA"

16) Dove ti iscrivi? "Io giurisprudenza, poi mi laureo e faccio l’avvocato, e guadagno un sacco di soldi"

17) Da quanto ci stai? Sono quasi 4 mesi! Cazzo, tantissimo…

18) "basta io me la compro col cambio automatico, perchè si usa la frizione? non serve a niente, che palle sta frizione"

19) "molla la frizione e accelera subito, sgommi!" "Che figata la frizione"

20) "Ieri ho fatto i 200 km/h"

21) "beato lui che i suoi gli hanno preso la 206"

22) Sta con lui solo perchè ha il motorino

23) sta con lui solo perchè ha la macchina

24) A natale ci facciamo tutti i regali? poi ci si vede verso il 22 facciamo una tombola con tutto il gruppo e ce li scambiamo.

25) Perchè mi ha lasciato, non ne troverò più una così.

26) L’università è più facile perchè non è come la scuola che devi andare tutti i giorni.

27) Stasera si va a vedere il festivalbar!

28) Siamo i soliti: andre, checco, ale, amy, pilu, cla, roby, fra, li (praticamente la nazionale di calcio cinese)

29) Mi fai il nodo della cravatta? Ho una festa di 18 anni, che significa rsvp?

30) Ti amo, per sempre…

Davvero tutto cinico.

Mia follia d’Affrica, non senza conseguenze.

scritto da Sanfedista il 7 gennaio 2008,17:17

Quando mi lasciai andare al gin tonic offerto da un’hostess della Emirates realizzai che un piccolo grano di polvere aveva inceppato il mio meccanismo e che una svolta si era appena consumata. L’aria condizionata non mi scuciva il caldo che avevo lasciato a Dar Es Salaam, lo stesso gin, rimedio unico per i transcontinentali, non riusciva ad ottenebrare la mia mente abbastanza. Ovviamente c’era una lei, in realtà ce n’erano due. Una rappresentava i miei precedenti quattro anni, l’altra le mie precedenti due settimane. In amore spesso i giorni e gli anni si mescolano e i primi, in alcuni periodi della vita, pesano al bilancio più dei secondi.

Mentre l’aereo faceva il suo consueto lavoro, io riordinavo. Un safari, termine oramai ridicolo, una spiaggia bianca, stereotipo harmony, ed una notte di luna (letto questo siete autorizzati a smettere, ho raggiunto il fondo narrativo, ma la verità è stoicamente melensa in questo caso) furono la cornice; una donna più grande di me, abbastanza più grande, fu l’attrice. L’altra donna era in patria ad aspettare che io facessi ordine, forse non in questo modo.

La passione, la nuova, fu spinta sia dalla citata cornice sia dalla citata confusione; il riusltato fu, però, nè stucchevole nè confuso. Prima circospezione, poi sfacciataggine ed infine ritrosia. I soliti ingredienti. Vento, birre affricane e sigarette, ovviamente francesi, impastarono il tutto. L’altra attendeva, mi chiamava e iniziava a capire.

In aereo tiravo le somme intervallate dai ricordi del Plantation lodge, del Kilimangiaro e del Land Rover di mr.Francis, un nero sdentato e malarico, ma con un adorabile sorriso cinico stampato. Lei, in aereo con me ma tre file più dietro, forse aspettava un cambio posti che io non proposi. Si ragiona da soli. Capii che la persona seduta dietro era una tramite che il mio ego aveva apprestato per impormi una decisione, non era, ovviamente, la scelta della mia vita.

Atterrai a Roma, ci salutammo con la promessa di risentirci: avvenne. Ci furono notti al telefono ed un decadentissimo fine settimana al Grand Hotel Ritz di Roma -grandeur napoletana- fatto di albe insonni, di sigarette, di alcool e di tutte quelle cose a cui un gentiluomo in alcune situazioni non può sottrarsi. Ricordo solo che la suite era sempre avvolta dal silenzio, si viveva con lo stesso sforzo con cui una crisalide abbandona la sua forma per rendersi farfalla, ma sapendo, perlomeno io, che non avremmo mai cabrato,  che non ci saremmo mai diffusi all’indolente vento primaverile.

Tutto questo fu fondamentale per la formazione della nuova immagine di me, finalmente modellata sulla profonda conoscenza delle mie esigenze. Passarono i giorni, il vecchio passò con essi, ed il nuovo si fece sommariamente vecchio. Potrei dilungrami su quello che avvenne con la lei dei miei quattro anni precedenti e non è detto che, prima o poi, non lo farò, ma non ora, dico solo che ci lasciammo.

Come dicevo i giorni passarono finchè:

Ero a casa ma fu l’Affrica a portarmi ad una nuova freschissima sera; la conobbi per caso, nella mia città. Sentii finalmente la schiena farsi ala e il silenzio infrangersi; era lei, era il regalo dell’antichissimo continente, era la conseguenza che cercavo da mesi…forse da anni…

Sabbia.

scritto da Sanfedista il 14 novembre 2007,17:32

La rabbia, gli schiaffi, l’incertezza; sabbia.

Il granello di sabbia intorno al quale ho costruito la mia perla adesso splende, ed il castone, non più vuoto, racconta al mondo che le perle di un Fabergè sono sabbia…misera sabbia, preziosa sabbia.

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