E diede fuoco alla sigaretta che maneggiava da un po’, con l’altra mano lasciò cadere l’accendino nel cappotto, con lo stesso movimento tirò fuori le chiavi della macchina, salì a bordo, accese il motore e dopo un istante i fari, il quadro s’illuminò. Poi i tergicristalli, ingranò la prima, guardò lo specchietto, lanciò uno sguardo ai suoi occhi riflessi e poi partì. Astor Piazzolla alla radio, la cintura stringeva il petto e conteneva il corpo nelle curve che veloci scorrevano sotto il 2.5.
Non è tanto il buio delle strade di notte, a quello rimediano i fari, è il buio che le circonda, quello subito dopo il guard rail. Pensò, scalando in terza.
La sigaretta era volata dal finestrino, lasciando entrare qualche goccia, Piazzolla continuava.
Sarà una cazzo di retrospettiva del tango argentino. Bizzarro, ma chi li decide i palinsesti radio? All’una di notte il tango. Mah.
Un caseggiato in lontananza, superandolo s’accorse che le finestre erano sbarrate ed un cartello di vendita era l’unica nota di colore sull’intonaco irrimediabilmente grigio.
Magari me lo compro con la liquidazione, sarebbe carino abitare su una strada statale dismessa in mezzo all’appennino. Potrei dopo un paio d’anni avere anche la luce elettrica…potrei vivere dei frutti del bosco, farmi crescere la barba e dipingere martirii di S.Sebastiano, anime del purgatorio e quanto di più truce la mitologia cristiana mi offre.
La strada s’inarcava in tornanti sempre più curvi.
Benzina c’è, ho visto troppi film per farmi trovare senza carburante su una strada di montagna di notte sotto un temporale.
Sorrise e chiuse le sicure. Accese un’altra sigaretta. Cambiò stazione, ma dopo un giro completo di frequenze la radio lo riportò ad Astor Piazzolla.
E sia.
Ripensò al matrimonio ed a quanto aveva fatto schifo il ragù di cinghiale. Aveva ancora quel disgustoso sapore in bocca, la sigaretta non migliorava. Ripensò a tutti quei pensieri banali che si fanno per tenersi svegli, quei pensieri che alle volte lambiscono l’onirico, quelli che sono esattamente il bagnasciuga tra la veglia ed il sonno, quelli che poi scivoli ancora un po’ e ti trovi a continuarli dormendo materializzati in sogno.
Merda, muretto, muretto, muretto, cazzo, cazzo.
La macchina cominciò a strusciare sul muretto in pietra, un rumore folle e poi stasi. L’aria, l’interruzione. Di nuovo rumore, l’auto rotolò veloce verso il basso, poi di nuovo silenzio.
Crepare con Astor Piazzolla non è male, i tergicristalli vanno ancora, ma ha smesso di piovere…
L’ultimo pensiero a Victor che proprio quel pomeriggio gli aveva confessato nell’orecchio il senso della vita, era un segno.
I mulini li vedi ancora? Dimmi però dov’è il vento. Dimmi però dov’è il vento…
Un colpo di tosse e libertango in sottofondo. Se ne andò via con il vento.