Quanto è utile il silenzio? Se fossimo fatti per il silenzio l’essere muti non sarebbe un handicap. Silenzio è decisamente la parola della settimana. Un po’ di sano silenzio quanto fa bene? Malissimo, secondo me. Ma non ho ancora il potere assoluto per far parlare i muti e chi non vuole.
Però ripensandoci, alla fine le parole non sempre sono utili; in assenza di esse, fioriscono comunque i rami, si muovono comunque le maree, una nube rabbuia per un istante il cielo che poi di nuovo abbacina gli occhi. Ed allora forse davvero c’è un po’ d’oro nel silenzio, che magifica i pensieri ed accompagna ogni fantasia fino alla realtà: con l’autoconvincimento dato dall’assenza delle risposte udibili, reali. Col silenzio la mente è l’unica nostra interlocutrice e tende quindi a darci pareri mirabili: muta i pensieri in ricordi immutabili, dipinge i difetti degli altri in virtù che ci mancano e ammanta l’intera materia coperta da silenzio in qualcosa di magico e proibito.
La magia non passa attraverso le formule ma secondo il silenzio, che è l’invisibile mano che incastra una spada nella roccia, addormenta una principessa o maledice un bacio. Con il silenzio tutto è possibile, tutto è nostro, tutto è risolto. Ma tutto è inesorabilmente finto, immoto, irrisolto.
Il sanfedista nonostante il blasone è costretto a prendere i mezzi pubblici. Ogni tanto l’intervalla a taxi, come per interrompere una terapia e svuotare la misura.
Il 714 è un carnevale. Una roulette russa. Una terza classe del Titanic appena sbarcata nel suk di Tunisi. E’ un posto splendido. I mezzi però sono vetusti, traballanti, rumorosi e si rompono. Superare la circonvallazione ostiense, venendo dalla Cristoforo Colombo, è di fatto come uscire dalle colonne d’Ercole, se prima il percorso era sicuro, dopo, il mezzo logoro dai chilometri macinati dal capolinea del basso EUR, inizia a perdere inevitabilmente i colpi. Alle volte ce la fa, a fatica chiude e apre un paio di volte le porte, come per incamerare più aria o darsi coraggio e riparte. Oggi ha tirato il suo ultimo rantolo meccanico esattamente sopra le terme di Caracalla. Ore 18.54. Per me l’uscita dall’ufficio alle 18 è un diritto inalienabile. Oggi a causa di lavori inutili ed avvilenti per chi come me ha grandi capacità, trattavasi di redigere lettera di ringraziamento a politici da parte del mio AD, sono dovuto permanere di più alla scrivania.
Sceso con la velocità di una lucertola mi sono visto sfilare un 714 davanti agli occhi. Ho preso il successivo erodendo ben 12 minuti al mio tempo. Preziosissimo.
Il mezzo sin da subito non dava grandi garanzie. Chi li usa spesso dai primi metri riesce a distinguere se il bus ce la farà o no. Il presentimento era nefasto. Le marce ingranavano male ed ogni tanto si spegneva e riaccendeva l’obliteratrice, pessimo segno.
Dicevamo, per tirarla breve, che superata la fermata di circonvallazione ostiense, che divide i cauti dagli audaci, il pulmann si pianta. Fermo, secco, inerme come un pezzo di Lego.
Si aprono le porte scendono tutti e colgo bestemmie in tutte le lingue, perchè è il tono che fa la bestemmia. Subito dietro un 671, per me assolutamente inutile, che però raccoglie gran parte dei passeggeri naufragati diretti magari alla metro Re di Roma.
Rimaniamo in 9. Un sacerdote, due studenti, extracomunitari vari, un professionista ed un osservatore. Io.
Ci saranno stati 20 gradi, un sole obliquo che scompariva lento dietro il colle. Un po’ di vento che brividiva leggermente i capelli. Un fruscio di auto di passaggio ordinato ed un silenzio estivo. Il primo silenzio estivo dell’anno. Ho sorriso e con un occhio ho guardato la circonvallazione ostiense, con l’altro mi sono spinto immaginariamente fino a Porta Metronia. Ho guardato di nuovo il sole all’occidente che s’intravedeva ormai tra le fronde delle piante esotiche di un vivaio che fa angolo e mi sono sentito felice. Una felicità piena, senza invidia per nessun altro.
Una felicità completa. Sono stato felice di essere felice di innamorarmi ancora delle piccole felicità che la vita ti nasconde sotto minutissime pieghe. Quelle felicità che ti danno la consapevolezza che nulla è davvero mai perduto, che tutto si può ricostruire, che non esistono obblighi, che noi siamo padroni della nostra vita perché noi respiriamo con i nostri polmoni e se i programmi erano diversi la vità prima o poi cambierà corso e si adeguerà alle nostre scelte. Un 714 si romperà ovunque nel mondo e qualcuno si risintonizzerà su se stesso in maniera imprevista.
L’albero esplose. Lo videro fin giù alla contea di Redis. Pezzi di glicine, passiflora e sicomoro ovunque.
Il vecchio beota, Carl, strattonò la moglie, intenta a leggera la “pseudomonarchia dei demoni di Weyer” mentre friggeva scorfani sulla piastra, lei si girò a guardare il lampo accecante dell’albero e rigirò subito dopo uno scorfano.
Radrovitz, il postino ubriacone, quasi cadde dalla bicicletta, stava consegnando un figlio alla vedova Dillinger, quando fu colpito dalla tremenda onda d’urto dell’albero. La vedova Dillinger dal canto suo era bloccata da circa 4 ore nell’ascensore di casa sua. Un villino a basso impatto ambientale costituito di un solo piano, edificato con i soldi ricavati dai sequestri di persona del marito, il fu Houdinì Thomas Dillinger. Medico per vocazione, anatomopatologo, e rapitore amatoriale, sia nel senso di principiante sia nel senso di stupratore di rapite. Ma lei lo amava.
Cristobal, di padre fiammingo e di madre lettone di Vibo (questo il soprannome della mamma in paese a causa della sua preferenza per il talamo) riparava sul tetto l’antenna. Lo scoppio sintonizzò all’istante tutti i canali, in qualità del segnale 10, meno che tele Padre Pio con la diretta dalla bara del Santo che era in qualità 9. Sarebbe risalito sul tetto il giorno dopo per rimodulare tutto daccapo, rischiando di non vedere più nulla.
Cassio l’orologiaio, vedendo dal suo negozio tutto quel fogliame, esclamò che si trattava dei tedeschi. L’amico Agostino lo tranquillizzò dicendo che i tedeschi erano usi far esplodere tè verde. Ripresero entrambi a riparare la pendola del dott. Calvo. Il dottore era effettivamente calvo.
Il barbiere ripuliva con una scopa il salone. La vetrata infranta dallo scoppio fece saettare vetri ovunque. Fu colpito da una dozzina di essi. Di colori blu, bianchi e rossi. Spirò serenamente come sempre aveva sognato. Il testamento fu immediatamente impugnato dal figlio legittimo, Facondo, il fratello germano del barbiere si oppose ma non vi fu mezzo. E mentre le foglie ancora non avevano smesso di cadere ovunque, Facondo già guidava garrulo la A112 Abarth del padre, come aveva promesso alla fidanzata tanti anni prima.
Clelia, sentito lo scoppio, diede licenza alla cameriera ed abbracciò il suo cane, Maxwell, che la morse. La cameriera, sull’uscio della stanza, spaventata dal boato e dal cane prese le sue cose e accelerò il passo.
In sacrestia padre Giorgio sentì le campane ondulare, pensò all’apocalisse e ne fu sollevato. Isaac il rabbino aveva perso la scommessa e gli doveva 10 pezzi da 8. Isaac il rabbino sentendo anch’egli il frastuono temette nell’apocalisse e inserendosi una matita nel naso diede un colpo secco col volto sul tavolo. La matita penetrò nel cervello senza grossi problemi. Sangue ovunque e via.
Rico mungeva la mucca che da quel giorno non diede più latte. Per un’antica promessa alla fidanzata morta in guerra non uccise la bestia e continuò a vivere astenendosi dai vizi della carne.
Salamandros, il pittore del paese, diede nell’attimo esatto del fragore l’ultimo colpo di pennello della sua vita.
La pattuglia di polizia si vide piombare sulla strada un pezzo di radice – che cadendo aveva denudato la più bella del paese, Isotta, che ora era seduta sconsolata sul ciglio del viale – e si era incastonata nella strada creando una strana forma fallica, indecente. Sopra l’abominevole, quanto casuale, scultura era incastrata la perpetua Giovanna, che rapita dal volo del tronco, ciondolava in uno stato di incoscienza e senza dentiera esclamava bestemmie e oscenità da taverna del porto. In men che non si dica i poliziotti transennarono tutto e dicevano ai passanti che non c’era nulla da guardare. I passanti rispondevano: “il cazzo non c’è nulla da guardare”.
Le nuvole come batuffoli di ovatta su un cielo azzurrissimo e soleggiato, contemplavano Ronnie, il lavavetri. Che per solidarietà all’albero si fece saltare in aria. Sporcando tutte le macchine. Redento, il commercialista, si arrabbio in pochi secondi per ben tre volte con Ronnie. Nell’ordine: perchè gli aveva pulito il vetro, perchè gli aveva sporcato il vetro con pezzi di milza e perchè non poteva più pulirgli il vetro. Redento guidava quel giorno un automobile di tipo cabriolet, con capotte abbassata.
Tamericio non si accorse assolutamente di nulla. Era infatti morto il giorno prima.
Il sindaco al suo terzo mandato era in campagna elettorale. Proclamò in un istante il lutto cittadino e chiese fondi a Legambiente. Legambiente faxò che gli alberi secondo recenti studi non erano propriamente dei vegetali. Bleffarono clamorosamente. Ma la risposta soddisfò maggioranza e opposizione, si decise allora di alzare di un millesimo di pezzo da otto la benzina. Perlomeno per pagare chi ripulisse il casino.
Timoty, Ric e Dalton erano alle prese con i preparativi della festa di Leila. Timoty ribadì sul fatto che non si organizza una festa di lunedì, perchè la gente lavora. Avevano finalmente un pretesto per smettere con i preparativi. Leila pianse tutta la notte, anche perchè amava Ronnie.
L’erpetologo del paese, Goia, quella mattina era per funghi. Nel walkmann di marca Sony sentiva la cassetta dei Talking Heads. Fu una mattinata clamorosa, un chilo circa di porcini. Nuovo record stagionale. La canzone Psyco Killer, unita alla sua totale incapacità di distinguere i funghi, gli fece sembrare l’esplosione dell’albero di una bellezza psichedelica. Sentì i colori ma non i dolori. Prognosi riservata. C’è chi dice che se la caverà.
Alabtros, detto Alzheimer, stava tornando dal calcetto, trovandosi oltre la collina dal lato non interessato dall’esplosione vide solo cadere lentamente foglie, in maniera sospesa. Ne raccolse una manciata.
Vicky e Ramon lo stavano facendo per la prima volta. Ramon era alle prese con due piccoli drammi, il reggiseno di Vicky e il preservativo. L’esplosione lo salvò dalla figuraccia. Accorse alla finestra e si accese una sigaretta post coito, perchè già in precedenza venuto all’insaputa di tutti.
Sveva stava aprendo nell’istante del botto una confezione di Somatoline. Usava assumerla per via endoteliale per vincere la cellulite. Battaglia persa da sempre. La cellulite non si combatte certamente sposando un uomo mediocre che non potrà mai pagarti una liposcultura. Il marito di Sveva era dipendente con contratto di consulenza alla Banca Centrale dei Quattro Cantoni Svizzeri, Unica Sede, con il bancomat in riparazione. Il marito di Sveva, tra l’altro era anche povero di famiglia e in quell’istante pensando dall’ufficio che fosse successo qualcosa alla moglie, pianse e ricordò i consigli, inascoltati, del padre, “che era meglio che ti imparavi un mestiere al posto che studiare fuori, che magari con un impiego alle poste a tua moglie ce lo pagavi il chirurgo, ora guarda che cesso che è, solo per colpa tua”.
Roll, l’illusionista, semplicemente sparì urlando “puff”. Il nano Rosco (da leggersi Rosko) iniziò a saltellare come un forsennato. Mezzo truccato e mezzo no, nella sua tutina sgargiante fucsia, fu il primo a soccorrere l’equilibrista caduto. Si sa che quando cade l’acrobata entrano in scena i nani. Questo non dimenticatelo mai e ricordatevene sempre nella vita.
Gaetano guardò l’esplosione direttamente, stava infatti osservando il nido di un fenicottero rosa sull’albero. Dissipata la nube di fumo marrone della corteccia, non rimase più nulla – nemmeno un piccolo insetto di marca Punteruolo Rosa -con suo sommo sbigottimento. Sorrise e si disse “guarda te la natura”. Mise un piede dopo l’altro e andò via fumando.
Il tipo estroverso sentimento è principalmente interessato alle persone, a mantenere delle relazioni armoniose. È molto abile nel capire e comprendere i sentimenti della gente. È amichevole, cordiale e attento ai bisogni degli altri. Attribuisce grande importanza al calore dei sentimenti. Pertanto evita di ferire o di offendere le persone. Per converso, se qualcuno è offensivo nei suoi confronti ci rimane veramente male.
A volte è sotto questo aspetto eccessivamente sensibile. Sa complimentarsi in maniera franca e diretta con gli altri e si sente rincuorato quando gli altri fanno la stessa cosa con lui. Gli piace sentire di essere approvato. È leale e riesce a risolvere i problemi personali dei suoi conoscenti che spesso i suoi lo cercano per chiedergli aiuto o consiglio. Vivace, pieno di entusiasmo, ama fare le cose velocemente. Possiede spesso delle ottime capacità di comunicatore, sia in privato che in pubblico. A volte può anche essere eccessivamente loquace. Dato che la sua funzione inferiore è il pensiero, tende a essere poco analitico e ad avere difficoltà se deve prendere delle decisioni su basi logiche.
Può anche trascurare delle informazioni importanti. Le sue decisioni si basano più su principi di valore: è giusto o non è giusto fare così. Data però l'importanza che attribuisce all'armonia nelle relazioni, può correre il rischio di sacrificare la durezza di una decisione giusta a questo principio di armonia. Può anche avere tendenza a sfuggire o a ignorare un problema sgradevole, praticando la così detta politica dello struzzo. È in genere una persona ben organizzata e piena di energia. È inoltre interessata alle nuove possibilità e dimostra una sincera curiosità nei confronti delle nuove idee.
Sul piano lavorativo è portato per le posizioni che comportano delle frequenti relazioni con le persone come le attività di vendita, l'insegnamento, l'assistenza clienti oppure posizioni in campo sociale. È molto abile nelle relazioni. È in grado di creare un eccellente clima di cooperazione e di portare gli altri a raggiungere gli obiettivi prefissati. Possiede un grande talento nell'individuare il potenziale della gente. Infine è una persona che sa essere molto leale nei confronti dell'organizzazione per la quale lavora.
C’è chi dice che siamo cassazionisti in attesa della sentenza perfetta, quella che racconti ai colleghi in tribunale, quella che negli studi legali copieranno cercando di farla calzare in tutte le fattispecie giuridiche, dalla bancarotta della multinazionale al tamponamento a catena in tangenziale.
C’è chi rincorre le interpretazioni della dottrina sul fatto tipico, sulla falsità dell’atto. Ma alla fine io aspettavo solo il momento della sigaretta e circa 5mila persone che stanno sotto lo stesso tetto mi sembrano più polli in batteria che la classe dirigente del domani.
Ed allora rivaluti il valore del lavoro svolto dalla prostituta, dalla puttana, così democratico, cinico, tagliente. Senza clausole, con una contrattazione non regolamentata, senza fori di competenza, forse quelli sì, dove il preliminare non è un contratto ma un evento da evitare ed il tempo non è lento come la macchina giuridica, ma rapido come il carillon di macchine in circolo intorno al quadrivio, tipo tonnara. Il vero lavoro del nuovo millennio, e quello di quelli precedenti. Sempre uguale, come l’apicultore, eppure così rispondente alle esigenze di mercato. Prezzi flessibili: s’abbassano e si alzano come le congiunture, come i congiungimenti carnali. Ed in fila dalla puttana tutti gli uomini sono uguali, stesi anche.
Alla fine le gambe non reggono, qualcuno si rimette la fede, qualcuno sorride compiaciuto, qualcuno attacca il turno in catena, qualcun’altro si ferma dal giornalaio e si prende il sole 24 ore, tanto comunque vada la sentenza in cassazione perfetta non esiste. Ci sarà sempre qualche avvocato napoletano che la confuterà trovandogli un vizio, un vizio.
"Sei stato proprio bravo, avvocato mio" dirà divertita la puttana mentre ascolta il giurista. "Non è mica facile scovare i vizi, ma ora lascia le 50 sul comodino, che io i vizi li assecondo ed è più difficile che trovarli. Io di vizi ne ho da vendere anzi li vendo, racconta anche questo agli amici del bar, magari ci scappa qualche lavoro in più".
Assolutamente perfetto. Cinico, tagliente e rispondente alle esigenze di mercato. E noi compiaciuti dall’intelligenza necessaria nello sfogliare un codice o dal valutare statistiche di mercato perdiamo di vista la banalità del semplice e smettiamo così di imparare dall’uomo, finendo per lasciarlo estinguere, ammassato in piccoli spazi dove l’aria e poca ed i cervelli all’opera non producono nulla.
A chi scommette senza pensare a quanto c’è da perdere, a chi pensa che la solitudine della compagnia sia sempre meglio della solitudine e basta. A chi del fare e disfare ha fatto un delicatissimo motore per la propulsione, a chi crede che 2 mezze vite siano meglio di una vita intera, a chi crede nei miti e pensa che inseguirli sia ancora più comodo di raggiungerli.
Chiedete a chi con la polvere non ci parla, ci passa un panno, la mette in un fazzoletto e se la porta appresso. Chiedete a chi passa notti in bianco ad amare e pensare strategicamente a quanto sia bello amare. Chiedete il consiglio a chi crede nella forza della ripicca ma poi è troppo pigro per vendicarsi. A chi ha in mente alcune date, stranamente tutte coincidenti con fallimenti catastrofici.
Chiedete a chi, quando ha rabbia, la coltiva e ne fa un quandro suprematista (chi non conosce il "suprematismo" è meglio che lo impari) alla Malevič così da poterne godere da solo, senza condividerla con gli altri…
Chiedetelo a lui e quando lo avrete chiesto vedrete che non vi risponderà affatto, perchè i consigli si danno quando uno non ha mai usato modi di dire, ma sguardi.
Kazimir Severinovič Malevič
Quadrato nero, 1915, olio su tela, Museo di Stato Russo di San Pietroburgo.
Se scomponendo il cielo riuscissimo ad ordinarlo come libro sicuramente avremmo alcune pagine che non troverebbero spazio: le spilleremmo alla rinfusa e faremmo una strana appendice cercando di legarle tra loro in qualche modo. A quel punto il libro, quello compiuto, perderebbe il nostro interesse e sicuramente cercheremmo i misteri del cosmo tra le pagine mal spillate, non vogliamo conoscere nulla leggendo tutto di un fiato.
Cinico Giurista e Critico Letterario su un quotidiano. Felice guidatore di una automobile cabriolet, amante del teatro e del cinema, di Gozzano e Marinetti. Amante di Se stesso. Informatore sofisticato per lettori privilegiati.
odi et amo
Odio : La volgarità
Amo : Sigarette francesi, gauloises.
Accendere le stesse con un accendino di metallo o con un fiammifero, adoro il rumore del fiammifero e il suo profumo.
Salmone scozzese, lo preferisco molto al norvegese.
Whiskey irlandese di marca Jameson.
Sigari di dimensioni “petit corona” marca Montecristo.
Ascoltare musica brasiliana.
Luci soffuse e penombra per riflettere di sera.
Non abbassare mai le persiane andando a dormire, amo risvegliarmi col sole.
Collezionare piccole cose di cattivo gusto, trarne la bellezza.
La velocità, le automobili inglesi, o le classiche sportive italiane, comunque automobili che mi diano risposta pronta nel momento in cui pigio l’acceleratore.
Sentire vecchie canzoni italiane e i Queen.
Amo anche la musica trash.
Indossare la cravatta, il cappotto lungo o un pullover a collo alto.
Amo l’inverno, ma da un po’ sto iniziando ad apprezzare anche l’estate.
Amo le suonerie dei cellulari tradizionali.
Guanti di nappa nera, con cachemire all’interno.
Ascoltare musica in auto e viaggiare di notte.
Un buon vino rosso siciliano.
Il panettone con l’uvetta e senza canditi.
Mi piace riflettere e osservare gli uomini.
Amo le donne che parlano a bassa voce.
Amo le donne che hanno qualcosa da dire.
Il sassofono ed il piano sono i miei strumenti preferiti, mi piace Chopin.
Non credo nella democrazia.
Amo il decadentismo e il futurismo.
Amo essere confuso.
Preferisco i soggetti alle nature morte.
Il latte intero.
L’acqua e le fontane.
Bere alle fontanelle.
Leggere giornali non schierati politicamente.
le persone dolci e propense all’ascoltare.
Il gelato al pistacchio della gelateria “Otranto”.
Il motorino in città, anche con la pioggia.
La pioggia.
Le parole francesi, tipo “boudoir”.
David Lynch, Kubrick.
Un buon film al cinema.
La parmigiana di melanzane.
Le ostriche al “grand caffe le cappucin”a Parigi.
Il lenzuolo nuovo dopo la doccia.
I massaggi.
Il papillon ben annodato alla prima del S.Carlo.
Affondare i piedi nella sabbia tiepida.
Una doccia dopo il mare.
Le persone che ti guardano negli occhi quando ti parlano.
Muovere la mano in maniera mai brusca.
Andare a letto quando tutti sono gia a letto.
Fare scali tecnici mentre si vola.
Affondare nelle poltrone della buisness class.
Lo skyline di Pudong visto dal bund di Shanghai.
Las Vegas a mezzanotte mentre la fontana del Bellagio esplode con la musica di Gene Kelly.
Il caldo secco della Savana in Tanzania, la polvere che ti sporca e la piscina del Plantation Lodge che ti aspetta a mezz'ora di Jeep.
Concedersi un riposino pomeridiano estivo in Hyde Park a Londra.
Il cielo della Scozia sempre così imprevedibile.
Un tramonto su ponte Carlo a Praga.
Il corno d'oro di Istanbul, all'alba alle 6.00, ma visto dal mare.
Amsterdam e la sua leggerezza, Barcellona e la sua lievezza.
Il suk di Marrakech, dove sei sicuro di aver fatto l'affare della tua vita ma poi vai in Tunisia e ti senti un idiota, arrivi in Egitto e pensi che non ti è andata poi così male.
Il Sahara, maledetto...
Il golfo di Napoli al tramonto, così conosciuto ma così tremendamente inatteso.
Un’uscita in barca nell’Auraki Goulf ad Auckland in Nuova Zelanda.
Aggiustare i capelli sopra l’orecchio alla ragazza a cui voglio bene.
Un bicchiere di mirto sul balcone quando tira vento e il tempo minaccia pioggia.
Un cappello a falde larghe.
La camicia sempre e comunque, anche sul costume da bagno, bianca, azzurra oppure a righine. D'obbligo le iniziali.
La mia coscienza : Fiera
La mia sorte : comunque certa