La notte

scritto da sanfedista il 1 dicembre 2015,16:45
la fiocina a punta, quel colpo di biliardo,
lo schiocco, lo stendardo, quel vento a primo giorno.
La scala al paradiso? io scivolo all’inferno
rincorro sul tuo viso le lacrime dolcissime
son lame all’imbrunire le righe del quaderno.
mi  ascolti nel rumore, ti vedo nel silenzio
e afferro con le mente il sonno tra le dita
scompare velocissimo.
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senza metafore

scritto da sanfedista il 19 marzo 2015,15:50
eppure imparai a scrivere senza metafore. imparai a scrivere e a descrivere senza più paragonare i pensieri agli stagni salati, le lacrime a gocciole di catini che scorrono via solo quando il recipiente è colmo, o te a un grammo di elemento chimico appena scovato. imparai ad osservarti senza paragonarti a nulla, mi liberai dal tutto l’inutile che distoglieva il pensiero dall’essenza di te riassunta in te. La mente non s’allontanava dal tuo concetto in cerca di parole già dette o panorami visti, fisso su di te, come il mio occhio fisso su di te. Un nuovo assoluto, un paragone senza precedenti.  

Una pagina bianca

scritto da sanfedista il 23 febbraio 2015,16:04
su tutte le cose visibili e invisibili, su tutto quello che ancora dobbiamo fare, su quello che abbiamo fatto e su quello che stiamo vivendo. Un tempo io credo di essere stato un altro. Io non penso di essere alla mia prima esperienza di vita. Non voglio definirla reincarnazione, non saprei come chiamarla, ma molte cose che vivo mi sembrano troppo banali per essere successe solo la prima volta. molte cose, la maggior parte invero, non mi stupiscono nè mi rendono particolarmente allegro. ho sempre creduto si trattasse di indifferenza al vivere, un cinismo distaccato che ti fa apparire tutto, anche le più grandi novità, assolutamente svuotate da ogni forma di emozione. mi odiavo però, quando pensavo questa cosa mi odiavo, mi chiedevo perchè io tra tanti fossi stato infettato con il seme dell’indifferenza, del sublime distacco ma anche della assoluta svogliatezza nel cimentarsi nelle opere a causa di una sensazione costante di essere già arrivato. oggi incostante anche nell’odiarmi ho trovato una soluzione migliore. io sono alla 40 esima vita. ho già fatto un bel percorso di strada, ho già vissuto accadimenti, ere e grandi personaggi quindi oggi un nuovo amore oppure una tragedia globale non mi fanno in alcun mondo singultare il cuore, nè nel bene nè nel male.
 
Sono una barca nella corrente. Non una zattera nè un tronco, ma uno splendido bialbero con la carena bianca e il tek lucidissimo. Con i bronzi perfettamente lucidi e con un intero equipaggio in una immacolata uniforma bianca e assolutamente pronto ad ogni evenienza. Ma comunque in balia della corrente. Dettaglio un po’ perchè non voglio si pensi che sono in balia della corrente per un qualche stato di necessità o inadeguatezza. Non sono incapace di oppormi ai flussi e tracciare una rotta, non mi mancano nemmeno i mezzi. Io sono nella corrente per scelta inconsapevole. Mi ci sono trovato.
 
L’immagine di me ammetto non è delle migliori. In una società in cui si rimarca costantemente l’idea di scelta, di decisione, di consapevolezza, noi indecisi inconsapevoli ne usciamo abbastanza devastati. Non ci scelgono mai per vendere i profumi “Gator il profumo per l’uomo indeciso”; “Tribol l’essenza per il maschio inconsapevole”. Eppure noi indecisi per scelta, noi volenterosi disillusi siamo credo la spina dorsale della società, i questori dell’equilibrio. Io nella vita ho avuto tutto. No forse tutto no, ma tanto si sicuramente. A 18 anni ho avuto una automobile che volevo, non un’automobile. Un’automobile che volevo. Una macchina che avevo valutato e scelto. A 21 dopo soli 3 anni avevo una mini cooper nuova 24 mila euro senza nemmeno fare in tempo a dire “…vorr…”. Che puff l’avevo sotto il sedere, e non era venduta da sola, ma aveva in dotazione sempre una splendida ragazza. Una volta stavo guidando con la mia macchina nuova, la mini rossa con il tetto bianco, verso pozzuoli. Avevo accanto una splendida ragazza. Aveva un vestitino bianco di cotone che la fasciava totalmente, aveva capelli neri mossi, occhi scuri, e carnagione scura, una borsetta rossa e un caldo odore di miele e abbronzatura, quell’odore salmastro e caldo. Guidavo con un po’ di musica, era il secondo appuntamento, quando un po’ di vento entrò dal finestrino. Lei ebbe un brivido e le si inturgidirono i capezzoli, visibilissimi da quel vestito. La guardai, li guardai lei mi guardò, e scoppiò a ridere, mi eccitai e se ne accorse, e senza interrompere in alcun modo il silenzio, fatto di sguardi e sorrisi, si chinò gentilmente su di me, mi slacciò i pantaloni e mi fece un pompino mentre guidavo. Fu una delle 7 volte in vita mia che sono venuto con un pompino.
 
Ecco come sono stati i miei 20 anni. Una lunghissima strada, percorsa al tramonto estivo, tra il Vomero e Pozzuoli, verso un bar sul mare, guidando una mini mentre una splendida ragazza mi faceva un pompino. Ovviamente con musica in sottofondo.
 
A 20 anni mi sembrava davvero interessante che la vita avesse scelto per me. In fondo non aveva sbagliato un colpo. Ero nato nel lato giusto del mondo e nell’emisfero giusto. All’interno di questa élite facevo parte di una ulteriore élite. Papà direttore generale, mamma dolce e dedita. Nobile di famiglia, case in montagna (una sugli appennini, in Abruzzo e l’altra sulle alpi in Sud Tirolo), casa di proprietà con con camera vista golfo di Napoli, cameriere, baby sitter, scuola privata, università con feste annesse e viaggi nei 5 continenti (in tutti e 5). Insomma io era quel fottuto 0,075% del mondo, del genere umano, della specie, che rientrava nella definizione di “ricco”. Cazzo vi rendete conto? Un ottimo giro iniziale di roulette. Io signori la mia lotteria l’ho già vinta. C’è gente che gioca per una vita il lotto, guardando con trepidazione i numeri della estrazione e sognando di avere grazie alla vincita anche solo un quarto di quello che io già possedevo il 24 aprile del 1982 venendo al mondo alle 6 precise di mattina. La vita aveva scelto bene per me, e Dio, non avrei mai voluto smettesse di scegliere per me.
 
Ero felice? Beh sissignore lo ero! O forse no. Per la verità avevo conosciuto l’infelicità abbastanza presto nella mia vita. Forse appena sviluppata la ragione. Mi concentravo più sulle cose brutte, su quelle che andavano storte piuttosto che su quelle belle. Una macchinina rotta mi faceva pensare di più di una macchinina appena regalata, nuova. Al liceo, una scuola privata di snob dove quanto valevi, veniva interpretato dai compagni in maniera letterale e dove non ci si chiamava compagni ma “amici di classe”, una classe agiata, sviluppai uno smodato amore per lo scrivere. Ho sempre scritto, sempre da che ne abbia memoria, ma al liceo scrivevo di più. Scrivevo perché avevo bisogno di ricrearmi uno spazio per essere io senza me. Io senza me significava io nudo, io senza la variabile fortuna, io che decidevo, l’esito della pagina bianca e chi essere nei ricordi e nei progetti….

l’angelo sterminatore

scritto da sanfedista il 30 gennaio 2015,12:13

La scrivania incomincio a vibrare, così come i vetri e le tazze. La vibrazione si fece sempre più incessante, totale. Con la vibrazione si cominciarono ad aprire delle crepe nei muri che confluivano tutti in un unico punto del soffitto. Che diventava una sorta di stella marina. Che decorava in questo modo il soffitto bianco, dal quale cominciarono a cadere calcinacci, prima sotto forma di piccoli frammenti poi sempre più grandi. Fino a squarciarsi una vera e propria falla. Un buco sul soffitto, capace di far vedere distintamente il soffitto del piano ancora superiore. Io riconobbi subito il rassicurante odore di zolfo, unito al fumo: era senza alcun dubbio lui. L’Angelo dello Sterminio, l’angelo dello sterminio che era venuto a giudicare tutti noi dell’ufficio.

Tutti noi che sedevamo in queste misere scrivanie. Poco più che tavole da mensa Caritas, con dei vecchi monitor, alimentati da pc ancora più vetusti. L’angelo in genere sottoponeva i tutti a specifiche domande per valutare la preparazion di ognuno, per comprendere in che modo la cultura era permeata nelle menti dei giudicati. Una valutazione positiva, almeno basica, avrebbe consentito al soggetto di avere salva la vita. In caso negativo invece si sarebbero aperti per i malcapitato, le porte dell’inferno. Io ero sereno. Sprofondavo nella scomodissima poltroncina in finta pelle verdolina. Finalmente  il tempo trascorso sui libri, i pomeriggi e le notti trascorsi ad annusare le pagine dei volumi di filosofia, di storia, di arte classica e moderna, in cui i miei occhi luccicavano dalla stanchezza e dalla gioia, sarebbero stati ricompensati. La mia cultura faticosissimamente sottratta all’oblio, all’ignoranza diffusa, alla mediocrità fatta di volumi in dispense, programmi tv in cui la cultura era premetabolizzata e spettacolarizzata, sarebbe stata riconosciuta. La cosa più bella, il mio premio, però sarebbe stata veder polverizzati gli incliti. Mi sarei goduto questo favoloso spettacolo. L’angelo sterminatore era qui ed era venuto a giudicare le nostre culture. La più bella lotteria del mondo. L’angelo sterminatore non perse tempo e nemmeno voce, al sol guardare i miei colleghi s’accorse della loro infima estrazione culturale. Le loro faccie abbrutite dalla ignoranza, le loro mani anchilosate dal non sfogliar mai nulla, parlavano per loro. L’angelo allora mi guardò complice e l’istante dopo al posto degli altri c’era solo un mucchio di cenere. Un maestoso mucchio di cenere. Non fui soddisfatto per la verità. Mi sarei aspettato maggiore sofferenza, maggiore strazio. Ed invece tutto risolto in un semplice puff. Uno ZOT ben assestato. E tutto era finito. L’angelo allora si rivolse e me e mi propose di aiutarlo nella sua opera, mi prese per mano e volammo via insieme, parlando delle monadi, della guerra contro mitridate e di mario e silla. parlammo del cinema di autore degli anni 40. della pittura del luca giordano ma anche di pollok (ad entrambi non piaceva). Volavamo sul mondo, e giudicavamo tutti, e finalmente la mia cultura era riconosciuta e sopratutto rispettata. Non era più “intellettuale non significa niente” oppure “io capisco che sei intellettuale ma non sono gli intellettuali a portare avanti il mondo”, a queste risposte seguivano colonne di fumo e tutto fu cenere.

eri come fra’ Dolcino

scritto da sanfedista il 20 novembre 2013,16:35

“Penitenziagite” solevi ripetere.
Sgorgante giallo dal cranio 
il pensiero che s’alterna al silenzio.
Rumore pensato, in strisce affettato,
lo usasti per foderarci la stanza,
…col pensiero…che uso bizzarro.
Potevi ben stenderlo come tappeto in navata
L’Ave Maria, la grassa cantante,
che rompe di nuovo il pensiero, sudata.

 

“Penitenziagite” solevi ripetere.
Eppure a ripensarci, lo schiocco del fustigo non ti piaceva affatto
e il nerbo lo scartavi anche dal filetto
e quante storie, quanto il filo retto
ti piaceva tracciare. Da un lato e dall’altro.
“In mezzo non c’è niente!”
E se io in medio andavo a cercare, lo sciagurato ero io
che trovavo, non tu che seguitavi a celare.
Tant’è che quando scovavo, dicevi “no, no era altro, non questo”.

“Penitenziagite” solevi ripetere
Sgorgante giallo dal cranio
il pensiero. Ancora una volta
credevi di incidere su un lato di marmo
scrivevi in realtà su vetro appannato
che pure allagando di nuovo il mio bagno
non emerge dallo specchio altro che il mio volto offuscato
incorniciato, come sempre da una tua scritta che proprio non leggo.

 

 

 

Inspirare

scritto da sanfedista il 1 luglio 2013,16:58

Devo assolutamente centellinare l’ispirazione. Sono manchevole sotto molti punti di vista in questo periodo. Devo scrivere per il giornale un articolo su Truman Capote a Ischia. Sto prendendo la rincorsa da un po’ di tempo. Ma rimane ancorato come un’isola in una baia. Il pezzo non esce. Il clima è delizioso qui a Napoli. Sabato sera sono stato a Palazzo Marigliano. Al centro storico. Un posto particolare come molti in questa città. Entri in un grande portone in un vicolo, c’è un cortile interno. Sali due rampe di scale e ti trovi al cospetto di un tempio greco (l’edificio è un falso settecentesco di stile pompeiano) immerso in un giardino. Con un fontanile come sfondo. Serata bella. Si esibiva un trombettista jazz di Chicago. Ubriaco alla seconda nota. Ma i jazzisti sono così. Immersi nel giardino con un folto gruppo di socialisti contemplanti opulenze settecentesche e il trombettista, mi sono chiesto quanti votassero Berlusconi. Una mia arguta amica mi ha risposto “almeno la metà”. Ho sorriso. Va bene così. Come si fa a scrivere di T.Capote quando c’è un sole così. Quando c’è un sole così T.Capote non andrebbe nemmeno letto. E se usassi questa frase per cominciare? Intendo l’articolo? D’altronde sto ascoltando Justin Timberlake, e ve lo sto confessando; è quindi davvero questo il momento di scrivere schietto e infastidito un articolo e di gestire in maniera meno manchevole le cose che mi appartengono. 

 

 

Cucina Cajun – sono come un Turducken

scritto da sanfedista il 12 dicembre 2012,18:36

Il piatto in oggetto è un tacchino (turkey) ripieno di anatra (duck) a sua volta ripiena di pollo (chicken) a sua volta ripieno di pan grattato salse e spezie. E’ tipico della cucina Cajun, o creola, ovvero quella che si consuma prevalentemente in Luisiana, un mix di cucina francese e africana.

Le pressioni nella vita ci fanno diventare ripieni di ripieni ed alla fine difficilmente riusciamo a ritrovarci, ad addentare la pastella. Dobbiamo invece provare ad assaporare l’ultimo ripieno.
Con la bocca bofonchiante voglio consolarmi dell’ultimo premio, gustando tra me e me, la porzione di vita dipinta ad acquaforte e non degradata a paesaggio pittoresco autunnale inzuppato sul foglio con tenue acquerello. Ma la follia è una sottile e delicata membrana che separa la consapevolezza ordinaria dalla iperconsapevolezza. E’ delicatissima, Dio però non gioca ai dadi e ci consente quindi di fermarci, se lo vogliamo, un secondo prima dell’ultimo boccone dell’ultimo ripieno, quello oltre il quale non c’è più nulla. Quello che se morso, ci lascia a bocca ormai vuota a contemplare quello che è assente. L’estrema consapevolezza, quella che ci rende tutto più chiaro solo per un istante prima che poi diventi tutto nebuloso e fioco per sempre. Vi siete mai chiesti perchè i folli abbiano la bocca sempre aperta, non è stupore, è il vuoto lasciato dall’ultimo boccone.

 beyond-bacon-turducken

 

Il mio basilico a novembre

scritto da sanfedista il 22 novembre 2012,13:48

Cincinnato si ritirò nell’ager, nella campagna, quando smise la sua vita politica a Roma. Si dedicò alla terra. Io ritiratomi, provvisoriamente, dagli impegni mi sono dedicato alla coltivazione del basilico in balcone. Ho maturato in questi mesi – mi dedico da luglio – una buona padronanza delle tecniche colturali del ocimum basilicum, il nome della pianta secondo classificazione di Linneo. Le modalità per una buona crescitadel basilico sono la semina, imprescindibile, e l’annaffiatura. Anche se non ho riseminato dopo i raccolti, poichè la pianta ha provveduto da se, e annaffio pochissimo, i risultati sono lusinghieri. Mi trovo infatti alle soglie di dicembre con un rigoglioso balcone pieno di basilico. Wikipidia me lo dava spacciato già a settembre e invece tiè! Devo essere allora proprio un fine botanico, un innato agronomo per controvertire le supreme leggi di Wikipedia. Qualcuno potrebbe opinare che è il sole di Napoli: a questi invidiosi rispondo con l’indifferenza altera che è propria di noi botanici. Noi siamo superiori alle gelosie e alle invidie e lavoriamo solo per fornire all’umanità verdure, frutti, tuberi e fiori sempre in salute e sempre disponibili all’abbisogna. Ho contattato, tra l’altro, su linkedin il prof. Tim Upson, Deputy Director del Royal Botanic Garden di Cambridge, per condividere con un collega i miei risultati. Attendo fiducioso la risposta. Vi aggiornerò.

 

Giurisprudenza

scritto da sanfedista il 18 giugno 2011,12:14

Non ci penso mai. Ma sono laureato in Giurisprudenza all’Ateneo Federiciano. Ho studiato, nell’ordine: storia del diritto romano, istituzioni di diritto privato, diritto pubblico romano, diritto costituzionale, storia del diritto italiano, diritto internazionale, filosofia del diritto, diritto commerciale, diritto d’autore, diritto del lavoro, diritto dell’unione europea, diritto penale, diritto ecclesiastico, diritto amministrativo, papirologia giuridica, diritto romano, diritto civile, istituzioni di diritto romano, diritto processuale civile, economia politica, procedura penale, scienza delle finanze, finanza degli enti locali. Ho una laurea in queste materie. Ho quasi euforia ripensandoci. Sorrido, lo ammetto, rido.

Bene in realtà io amo la concezione della luce in Caravaggio, ben distante dal concetto di presenza di Dio di Plotino e i neoplatonici. Ammiro l’ostinazione del Vasari nella costruzione e nell’allestimento degli Uffizi. M’incute paura l’insania di Rosso Fiorentino, nei suoi santi dipinti come demoni. La tendenza alla solitudine di Edward Hopper, con le sue pennellate freddissime anche in luce piena. Jack Vettriano, contemporaneo che strizza l’occhio a Hopper ma ci mette più sesso. Tiepolo così veneziano ma così spagnolo. Ammiro davvero Tullio Crali con il suo “Incuneandosi nell’abitato” che mi fa venire le vertigini. Mi diverte Bansky. Il Pollaiolo il suo linearismo, che sembra riprendere il tratto dove l’aveva interrotto il Lippi. Domenico Fontana, architetto, e il suo complesso di Gesù e Maria, totalmente in abbandono ma ancora bellissimo. Koons e i suoi stupidissimi palloncini che mi mettono di buon umore. Fortunato Depero, ah se la pioggia fosse di bitter Campari. Gaudì in cui le strutture sembrano letteralmente colare dal cielo. Henry Janeway Hardenbergh disegnatore del meraviglioso Dakota Building a New York. Van Eyck, che con la pittura fiamminga è riuscita nel miracolo di amalgamare con l’olio personaggi e sfondi. Ma anche altro.

…papirologia giuridica, ti ringrazio per avermi fatto appassionare all’arte, quanto fuggivo da te, trovando ospitalità nella pittura, nel cinema, nell’architettura, nella poesia, nella scrittura.

 



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ma buongiorno

scritto da sanfedista il 17 maggio 2011,10:22

Prima mattinata insolita. Alle 8.00 avevo un appuntamento in Via Barberini, credo davvero utile, molto utile anzi. Alle 8.30 ero in Taxi per raggiungere il lavoro all’EUR- Il tassista dopo un po’ mi fa con tipica voce omossessuale da stereotipo, v. “il vizietto”, “Io la ho già accompagnata, non è la prima volta che ci vediamo”, si mette male io gli faccio “ah non ricordo, per che tragitto?”, lui risponde pronto “Via Bixio – Eur”, bingo! e aggiunge “un bel ragazzo così mica lo scordo”. Sorrido e non rispondo. Passato il primo sconforto per il complimento inatteso alla fine me ne compiaccio. Stamattina sono davvero bello, abbronzato, magro, con un paio di pantaloni beige e una camicia azzurra. Il mondo è decisamente mio.