La scrivania incomincio a vibrare, così come i vetri e le tazze. La vibrazione si fece sempre più incessante, totale. Con la vibrazione si cominciarono ad aprire delle crepe nei muri che confluivano tutti in un unico punto del soffitto. Che diventava una sorta di stella marina. Che decorava in questo modo il soffitto bianco, dal quale cominciarono a cadere calcinacci, prima sotto forma di piccoli frammenti poi sempre più grandi. Fino a squarciarsi una vera e propria falla. Un buco sul soffitto, capace di far vedere distintamente il soffitto del piano ancora superiore. Io riconobbi subito il rassicurante odore di zolfo, unito al fumo: era senza alcun dubbio lui. L’Angelo dello Sterminio, l’angelo dello sterminio che era venuto a giudicare tutti noi dell’ufficio.
Tutti noi che sedevamo in queste misere scrivanie. Poco più che tavole da mensa Caritas, con dei vecchi monitor, alimentati da pc ancora più vetusti. L’angelo in genere sottoponeva i tutti a specifiche domande per valutare la preparazion di ognuno, per comprendere in che modo la cultura era permeata nelle menti dei giudicati. Una valutazione positiva, almeno basica, avrebbe consentito al soggetto di avere salva la vita. In caso negativo invece si sarebbero aperti per i malcapitato, le porte dell’inferno. Io ero sereno. Sprofondavo nella scomodissima poltroncina in finta pelle verdolina. Finalmente il tempo trascorso sui libri, i pomeriggi e le notti trascorsi ad annusare le pagine dei volumi di filosofia, di storia, di arte classica e moderna, in cui i miei occhi luccicavano dalla stanchezza e dalla gioia, sarebbero stati ricompensati. La mia cultura faticosissimamente sottratta all’oblio, all’ignoranza diffusa, alla mediocrità fatta di volumi in dispense, programmi tv in cui la cultura era premetabolizzata e spettacolarizzata, sarebbe stata riconosciuta. La cosa più bella, il mio premio, però sarebbe stata veder polverizzati gli incliti. Mi sarei goduto questo favoloso spettacolo. L’angelo sterminatore era qui ed era venuto a giudicare le nostre culture. La più bella lotteria del mondo. L’angelo sterminatore non perse tempo e nemmeno voce, al sol guardare i miei colleghi s’accorse della loro infima estrazione culturale. Le loro faccie abbrutite dalla ignoranza, le loro mani anchilosate dal non sfogliar mai nulla, parlavano per loro. L’angelo allora mi guardò complice e l’istante dopo al posto degli altri c’era solo un mucchio di cenere. Un maestoso mucchio di cenere. Non fui soddisfatto per la verità. Mi sarei aspettato maggiore sofferenza, maggiore strazio. Ed invece tutto risolto in un semplice puff. Uno ZOT ben assestato. E tutto era finito. L’angelo allora si rivolse e me e mi propose di aiutarlo nella sua opera, mi prese per mano e volammo via insieme, parlando delle monadi, della guerra contro mitridate e di mario e silla. parlammo del cinema di autore degli anni 40. della pittura del luca giordano ma anche di pollok (ad entrambi non piaceva). Volavamo sul mondo, e giudicavamo tutti, e finalmente la mia cultura era riconosciuta e sopratutto rispettata. Non era più “intellettuale non significa niente” oppure “io capisco che sei intellettuale ma non sono gli intellettuali a portare avanti il mondo”, a queste risposte seguivano colonne di fumo e tutto fu cenere.
C’è poi chi dice che mi sia sposato, chi dice che addirittura abbia comprato casa, viva a Napoli e lavori lì. Chi mi ha visto di recente lo sa bene che sono tutte dicerie prive di ogni fondamento. Sono qui come sempre ad aspettare l’autunno. Che è arrivato. Sono stato in america questa estate, ma non l’america finta, l’america creata a tavolino, ma l’america vera. Gli Stati Uniti. Tutto il resto, il sud e il centro, sono semplicemente luoghi disagiati come gli altri. Ed allora andiamo in Affrica no?
“Sembrare e non essere è come filare e non tessere”. Lo ha detto ieri la nonna, quasi 90 enne. E’ una frase che suona troppo bene per ragionarci su, anche perchè che differenza c’è tra filare e tessere? Oggi chi la conosce la differenza? Come d’altronde tra sembrare ed essere.
Buon autunno a tutti.
questi granelli di polvere che respiriamo da quale tempo arrivano? Me lo dici?
Devo assolutamente centellinare l’ispirazione. Sono manchevole sotto molti punti di vista in questo periodo. Devo scrivere per il giornale un articolo su Truman Capote a Ischia. Sto prendendo la rincorsa da un po’ di tempo. Ma rimane ancorato come un’isola in una baia. Il pezzo non esce. Il clima è delizioso qui a Napoli. Sabato sera sono stato a Palazzo Marigliano. Al centro storico. Un posto particolare come molti in questa città. Entri in un grande portone in un vicolo, c’è un cortile interno. Sali due rampe di scale e ti trovi al cospetto di un tempio greco (l’edificio è un falso settecentesco di stile pompeiano) immerso in un giardino. Con un fontanile come sfondo. Serata bella. Si esibiva un trombettista jazz di Chicago. Ubriaco alla seconda nota. Ma i jazzisti sono così. Immersi nel giardino con un folto gruppo di socialisti contemplanti opulenze settecentesche e il trombettista, mi sono chiesto quanti votassero Berlusconi. Una mia arguta amica mi ha risposto “almeno la metà”. Ho sorriso. Va bene così. Come si fa a scrivere di T.Capote quando c’è un sole così. Quando c’è un sole così T.Capote non andrebbe nemmeno letto. E se usassi questa frase per cominciare? Intendo l’articolo? D’altronde sto ascoltando Justin Timberlake, e ve lo sto confessando; è quindi davvero questo il momento di scrivere schietto e infastidito un articolo e di gestire in maniera meno manchevole le cose che mi appartengono.
…si vince solo quando non ci sono più battaglie ed in amore la guerra è infinita, perché la stessa sostanza di amore è il contrasto; è conciliare due volontà che nate diverse non potranno mai fondersi in un’unica verità ma solo in un ammissibile dubbio