Chi sa un po’ di francese avrà capito di cosa si parla.
Tralasciando le retoriche di poca misura sulla maschera, sul trucco, sull’illusione, sulla cera che infondo non nasconde ma esalta. Mi concentro ora sulla follia e quanto essa infondo sia servile.
Si perchè se noi siamo caricatura della vita, se ci chiediamo troppo spesso troppe cose e fatichiamo a trarne risposte soddisfacenti è altresì vero che al termine di tutto la luna scorre comunque e porta chiarezza anche dove non guardiamo. Ed allora il nostro compito forse è cercare di non dare criterio alla follia, di trovare il cuore e asservirlo alla nostra convenienza.
La follia è servile perchè ci torna utile quando ne abbiamo bisogno, perchè la follia ci rincuora molto di più di quanto la sapienza ci consola.
Io infondo ho vissuto una vita discretamente articolata. Ho amato drammaticamente, ho tradito, ho sofferto e me ne sono compiaciuto, ho posseduto menti e persone, ho sconvolto corpi e abbattuto sicurezze, le mie incluse. Ho scommesso varie volte e quasi sempre ho vinto. Mi sono alzato spesso dal tavolo con più di quanto mi fossi seduto, quasi sempre riflettendoci.
Marc Chagall, Le Jongleur, 1943.
La cosa che non mi torna mai è quanto in realtà io abbia avuto potere sulle mie scelte. Riflettendoci ho sempre preso il primo premio con il minimo della puntata e più premevo affinchè le possibilità di vittoria aumentassero meno ho raccolto.
Credo sia una sorta di caratteristica costante della mia vita. Il meno impegno ha sempre pagato meglio. Ed è questo che mi sconvolge stasera. Il mio impegno non paga quasi mai. Ed allora davvero credo che la burla sia il modo migliore di intendere la mia vita.
E se queste parole paiono dettate da un momento confuso, in realtà mi viene da pensare che portino la saggezza della follia consolatoria e quindi rechino con se la massima verità.
Quando ho pensato di fare errori, di lasciar correre, il conto è stato davvero benevolo. Certo avrò leso qualcuno, la cosa non è secondaria, ma perlomeno ho salvaguardato me stesso. Se quindi, in amore, mi incaponisco nella rettitudine più costante non faccio feriti ma perdo le battaglie.
Ecco perchè potrei scomodare il termine maledizione, poichè io in assoluto sono destinato alla vittoria solo a scapito di qualcuno, non riesco mai a vincere con qualcuno. Vinco, lo faccio quasi sempre, ma le perdite sono sempre elevatissime. Senza sangue, senza lesioni io alla fine perdo.
Quando vinco mi ritrovo soddisfatto ma un po’ crudele.
Sì perchè riflettendo la maledizione è propio questo, ottenere qualcosa scendendo a patti.
La follia allora servile si veste di nuovo con il suo abito sgargiantissimo ed appare sulla scena a reclamare la libbra di carne o a tendere un fiore al pubblico, ed io la assecondo e mi trovo nuovamente tra i vincitori, ma a quel punto non guardo indietro, mai, troverei la logica di tutto ma la contropartita sarebbe la conoscenza, ed a me questo non interessa, poichè conosco la mia maledizone e forse finirei per non cadere in piedi come sempre.
Queste poche parole di stasera ovviamente hanno un destinatario, no, non sono io, ovviamente.