martiri moderni, il buon Saviano e la suprema mediocrità

scritto da Sanfedista il 14 ottobre 2008,18:30

Io sapevo che il martire è colui che sacrifica la propria vita per una causa meritevole e massimamente condivisa.

Pensando alla frase e collegandola allo scrittore d’inchiesta (sic) Roberto Saviano, i conti non mi tornano. Eppure l’ho riletta, ma c’è qualcosa che non gira nel paragone. All’inizio pensavo si trattasse della "causa meritevole", ma poi no, la causa meritevole ci sarebbe pure: chi potrebbe mai opinare che la produzione di un bestseller non è causa meritevole? Poi ho pensavo alla "condivisione", pure quello ci sta: effettivamente il moderno bardo delle malefatte camorristiche ha portato avanti un’opera didascalica; ha fatto conoscere al resto del mondo come si vive in alcuni lembi ai confini dell’impero.

Non mi sono dato per vinto. L’ho trovata: la cosa che stride tra la definizione di martirio e Saviano è il fatto che il secondo è ancora in vita.

Sì: vita era la parola che m’ingarbugliava la mente. Perchè, diciamocelo, per essere martire devi essere morto; è una imprescindibile condicio sine qua non.

Poco male: la camorra, i clan, vogliono ora rimediare e dare a tutti noi la soddisfazione di un nuovo martire. Continuando, diceva qualcuno: meglio un coglione vivo che un martire morto. Non fa per me, i coglioni sono due, due sono quelli utili, gli altri sono in esubero. I martiri servono vivi, lo so non sarebbero più martiri, ma a chi importa?

Saviano con la sua opera, mal scritta e mal romanzata da atti processuali, ha però compiuto un altissimo servigio alla Nazione: ha dato una faccia a chi combatte la camorra, ha creato un’icona, un Falcone, un Che Guevara, un personaggio con cui identificarsi quando la morsa è stretta.

Non penso che il romanzo Gomorra sia un’opera letterariamente pregevole, anzi credo sia un’operazione del peggior marketing alla "cavalchiamo la tigre", ma nemmeno il Mein Kampf era scritto bene o proponeva nuove soluzioni eppure quante coscienze ha smosso.

Gomorra è un catalizzatore di speranza, è il volto ad un sentimento, un riflettore acceso nel buio della notte.

Saviano con la sua creatura è riuscito a porre una bandiera alla quale rivolgersi. Non rileva se scrive bene, se le cose che dice sono esatte, ci interessa che sia riuscito a creare una figura da contrapporre all’eroe cattivo. Proprio come Falcone e Borsellino, e non importa che i due magistrati lottavano attivamente e con successo, importa che erano divenuti un simbolo, come Saviano.

I tempi che corrono sono quelli che sono. Non vedo Maradona, non vedo Fellini, non vedo Picasso e non vedo Kennedy ma non vedo neppure Montale, e allora teniamoci stretti le nostre stelle polari di serie B. Perchè se di mediocrità bisogna vivere che si viva di suprema mediocrità, se a Marlon Brando si sono sostituiti i tronisti ben venga che a Borsellino si sostituisca Saviano. Ben venga che ci sia ancora qualcuno che porti la tiara del martire, di poliesteri magari ma quanto ne abbiamo bisogno…

oops forse è più indicato questo…

latinismi

scritto da Sanfedista il 12 ottobre 2008,19:52

Animus meminisse horret.

L’anima trema d’orrore nel ricordare.

Questa frase, fatta pronunciare da Publio Virgilio Marone al "pio" Enea quando s’appresta a narrare della caduta di Troia, descrive meglio di ogni altra cosa, che non è la mente che ricorda ma il cuore. Non c’è fuga; alle volte la scienza è fallace.

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Ultimo treno

scritto da Sanfedista il 10 ottobre 2008,19:52

Oggi ero in stazione, il crocevia di destini per eccellenza. Passeggiavo lungo la banchina di un treno che si accingeva a partire, vedevo la gente che s’affrettava con strane movenze e più m’avvicinavo alla fine del binario più si concretizzava un’idea: aspettiamo finchè il treno non si muove e vediamo la faccia di quello che l’ha perso…

Cinico e con tempo da perdere.

Dopo qualche falsa speranza, una donna con pacchi e un militare, che proprio all’ultimo sono saliti, ho visto il capotreno che imboccato il fischietto dava l’agoniato segnale e montava in vettura. Ecco! Il prossimo sarebbe stato il mio uomo.

Pochi secondi dopo la chiusura delle porte, quando ormai nulla avrebbe potuto fermare l’eurostar, vedo spuntare dall’angolo signore sessantenne in giacca e cravatta con trolley al seguito.

Procedeva con il miglior passo che il suo fisico gli concedesse, sudaticcio e più che paonazzo boccheggiava alla ricerca dell’ultima stilla d’aria, quella che gli avrebbe consentito lo sprint finale.

Alla vista del treno fermo per qualche istante ha tirato un mezzo sospiro, ha rallentato un po’ il passo e, sono sicuro, ha pensato che fosse fatta.

No! Il treno ha cominciato a muoversi, lui non l’ha percepito subito, ma qualche millesimo di secondo dopo. CRACK!

Repentino cambio dell’espressione, sudorazione interrotta e smorfia di dolore. In quel secondo il suo volto esprimeva rabbia contro se stesso, contro l’umanità – sopratutto quella contenuta dal treno- e contro Dio, poichè non facendo piovere folgore sul traliccio stava consentendo al treno di partire.

Sembrava quell’ultimo occidentale che perse il treno da Saigon, qualche ora prima che i vietcong entrassero in città…

Pareva aver perso l’ultimo battello utile per slacciarsi da una nave in fiamme.

Ho sorriso e dopo avergli lanciato un ultimo sguardo divertito, ho innescato i miei piedi in direzione di casa.

frase del giorno

scritto da Sanfedista il 8 ottobre 2008,21:04

…mio padre preferisco chiamarlo il de cuius

…mi hanno sempre detto che riuscivo a capire le persone con pochi sguardi, è un talento che non mi ha mai affascinato, semplicemente non mi interessa…

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Tragico samba

scritto da Sanfedista il 7 ottobre 2008,20:33

E’ sempre così disgraziatamente piacevole sentirsi dire:"tranquillo".

La dedico ad un po’ di persone questa canzone, ognuno può cogliere un piccolo aspetto nel testo…perchè la sera è quella adatta per questa piccola lezione, sopratutto al minuto 2.32…rido, un po’ per le ineffabili vesti del menestrello un po’ per il cinismo, davero amaro, del testo nella sua interezza.

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Videogiochi ed usi quasi persi.

scritto da Sanfedista il 6 ottobre 2008,23:27

Sarà l’atmosfera da fine millennio ma stasera mentre in tv scorrevano le immagini degli economisti depressi, noi si cenava insolitamente opulenti. Un po’ così, un po’ alla "120 giornate di Sodoma" di PPP, un po’ alla maniera della "grande abbuffata" di Ferreri, ed in questa contaminatissima luce, mezza Bunuel e mezza pastasciutta con soffritto, è venuto in mente a non so chi il ricordo dei videogiochi. Di quelli vecchi, di quelli che facevano male alle dita.

Non c’era ergonomia dei pad, anzi i pad erano i fratelli buffi dei joystick, la playstation neanche la sognavamo, il cd non rifletteva multicolore la luce.

In questa atmosfera da fine millennio, ora che il cd è quasi obsoleto, abbiamo aperto lo scomparto piaceri ludici infantili.

Uno dietro l’altro ci siamo sparati le rimembranze di:

  1. Duble Dragon (che si poteva giocare in 2)
  2. Mario Bros (con il tubo che ti portava diretto -lucciconi inclusi- all’ultimo livello)
  3. Prince of Persia (con la fluidità delle movenze del personaggio quasi omosessuali)
  4. Super Mario III (con il costume "castoro" che ti faceva volare sulle nuvole)
  5. Zelda
  6. Soffiare nella cassetta con tutto il fiato per far partire il gioco che non partiva, all’occorrenza soffiare anche nel nintendo, si soffiava con il piglio e la professionalità del tecnico NASA alle prese col Columbia
  7. Shinobi e i mostri rudimentali
  8. Le cassette del commodore 64 che si compravano in edicola e si aspettava ore pe "caricare" il gioco

Io ora non so se tutto questo andrà perduto come lacrime nella pioggia, so solo che qui, quando un millennio è appena finito ed un nuovo millennio è appena entrato in crisi, pensare che, se ti accovacci davvero forte, puoi scomparire in un tubo e riapparire al livello 99 ti da un’insolita serenità, un piccolo segmento di nostalgia condensata in dolcissimo primigenio latte.

 

 

Crollo economia! Borse a picco, meditabondo mentre leggo.

scritto da Sanfedista il ,19:17

l’incertezza del tempo

scritto da Sanfedista il 4 ottobre 2008,13:01

"Signore v’è aria di tempesta"

"No, non è così, non vedi che è solo il tempo che ci rende incerti".

imperdonabile…

scritto da Sanfedista il ,00:37

E’ davvero così imperdonabile credere che le cose siano foderate di senso? Che l’attimo sospeso in realtà sia l’eterno racchiuso in attimo?

Mi leghi, mi bendi e la pelle racconta piano dei tuoi capelli, dei tuoi seni che incerti danno forma al mio buio, delle tue mani che rinnovano in me l’idea di energia. Un brivido dolce…un attimo appena, un nuovo mondo si svela.

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follie d’autunno.

scritto da Sanfedista il 27 settembre 2008,20:33

Il mio trench mi sta davvero bene. Riesce a separarmi dal resto del mondo con una cortina beige che mi consente di piombare in un ovattata old England, dove il gentiluomo non indossa magliette, non gonfia oltremodo il suo corpo ed occupa lo spazio delicatamente.

Il fresco ci consente di riassumere vesti signorili.

Con il caldo vengono fuori le belle ragazze, con il freddo si fa la cernita dei gentiluomini. Se d’estate una camicia la può indossare anche un bifolco privo di un qualsiasi gusto, d’inverno il maglione con il collo a V pesa sulla bilancia più della felpa fosse anche di Dolce&Gabbana.

L’adagio è vecchio, i soldi non fanno il signore, ma è una di quelle cose che oggi bisognerebbe avere ben chiaro, quando la moda è lanciata da orridi programmi pomeridiani popolati da figuri dai compensi sporpositati, che dimostrano quanto la classe sia demodè, quanto la fatica puzzi e quanto l’ignoranza vinca.

Li attendo tutti. Con pantaloni a vita bassissima, mutande che fanno capolino ed improponibili automobili dai colori alla moda -ora va il bianco- li voglio gustare quest’inverno i maniaci della griffe.

Per il resto il Sanfedista resiste, cerca di rimanere ancora un po’in una corrosissima torre d’avorio a rappresentare la minoranza silenziosa, aggiungerei "benedettamente silenziosa".

Siamo alla conclusione: non apparire per differenziarsi, un tempo era il contrario, un tempo un semplicissimo abito grigio non sarebbe stato dirompente come oggi, anzi era esattamente il contrario. Quando Fortunato Depero -geniale futurista e disegnatore della bottiglia Campari- lanciò i suoi gilet sgargianti si capì subito cosa doveva indossare il dandy; oggi ci si rifugia  nel classico, non per snobbismo ma per noia da saturazione di esagerazione.