Ho comprato un tv nuovo, 3d 46 pollici sharp ultrasottile. Lo sto attualmente utilizzando per assistere Alberto Angela che spiega un bassorilievo sullo scuotimento del latte cosmico, una mitologia Khmer. In 3d.
Devo riprendere ancora le abitudini, devo ancora ricominciare ad infastidirmi per gli insopportabili atteggiamenti di quelli che mi sono intorno.
“Un passo indietro potrebbe sempre essere un passo avanti nella direzione giusta.”
Come di consueto arrivo al post prima dell’apnea estiva. E’ un’estate insolita, non sono riuscito a lamentarmi abbastanza del caldo, assente ad oggi, e ho tutto già programmato. Mi aspetta un rientro che profuma di ripartenza, con nuovi traguardi e nuove sfide e che rende quindi questa stagione feriale ancora più utile. E io da questa stanza con un computer rovente sulle gambe, con le canzoni che seguono messe in loop, che scandiscono il romanticissimo rumore della tastiera, vi chiedo di essere felici di partire ma di lasciarvi un pensiero felice per il ritorno. Un pensiero che compaia di tanto in tanto, tra la birra del tramonto e il rumore del ventilatore. Che si nasconde tra la risacca e il sole. Perchè l’uomo felice è chi parte senza voltarsi e allo stesso modo torna, non interrompendo mai l’unicum che lega arrivederci e ben ritrovato, l’uomo felice è chi fa tre passi indietro e gli è tutto chiaro, la vita non ha soluzione di continuità e l’unico bagaglio che ci portiamo sempre dietro siamo noi stessi, a noi stessi decidere quanto sia leggero.
Riusciamo sempre ad assuefarci alla mediocrità. Diamo per scontato che i giorni debbano necessariamente seguirsi come stanze “enfilade”, senza però la visione sfarzosa dell’architettura barocca. Superiamo le ore passandoci in mezzo, una teoria ininterrotta di domino. Ed intanto il tempo trascorre. Spendiamo le nostre energie in progetti in cui non crediamo e andiamo in apnea per svariati motivi contando i minuti che ci distanziano dal riprendere il respiro. Viviamo giorni con gli occhi serrati, come i bambini durante i temporali e li riapriamo nei week end. Non apparteniamo a nessuna ideologia, rischiamo di non appartenere più a nessun tempo. Io patisco il peso della scarsa cultura di chi mi dirige, del “capufficio” se ancora esistessero contratti del genere…
Quasi sempre governa – dal parlamento all’ultimo degli impieghi – chi in silenzio obbedisce e risolve velocemente le richieste, in maniera rapida, asettica, proattiva. Prevenire rapidamente i problemi è la via preferibile in tutto eppure gran parte della nostra civiltà si è costituita speculando sulle problematiche, inventandone anche di nuove per un puro esercizio filosofico. Era la palestra dell’ingegno. Si allenava il pensiero nella risoluzione dei problemi, si discuteva e ci si osservava nel farlo. Konrad Lorentz diceva che “la vita cerca problemi e l’offerta di problemi è significativa per il successo; una mancanza di problemi può provocare una stagnazione”, ma anche Abelardo “il porsi costantemente dei problemi sta alla base della saggezza. Poiché attraverso il dubbio siamo portati all’indagine, e attraverso l’indagine arriviamo alla verità.” Ma anche l’antico motto che diceva che un problema è solo un’opportunità che ti concede la vita di fare meglio.
I gretti detentori del potere non desiderano i problemi, li temono perché vedono nel problema l’errore e nell’errore il fallimento. Ma io ritengo che il fallimento sia già vivere una vita che annulla le potenzialità dell’intelletto, che crea modelli da seguire per situazioni standard, che limita la comunicazione a moduli di “domande e risposte”. E’ la mentalità della piccola borghesia. Puoi amministrare un capitale, guidare una Aston Martin, ma la puzza della piccola borghesia non te la lavi via. L’esser cauti, o peggio l’esser fintamente intrepidi, il guardare attentamente, il giustificare necessariamente un documento, come se l’irregolarità fosse un segno di disordine diabolico sono mali letali per il progresso della razza. L’essere piccoli borghesi è ben peggio che essere poveri. Il povero s’industria, il povero se delinque lo fa fisicamente, in prima persona, sentendo sotto le falangi immediatamente la carta dei soldi. Il povero non evade, semplicemente non dichiara, e soprattutto truffa senza il monitor davanti agli occhi. Il povero, ruba, zappa, pialla, salda, trasporta, vende piccoli oggetti al dettaglio, lava, stira, beve e picchia. Il piccolo borghese non fa quasi nulla di tutto ciò e se lo fa lo giustifica come hobby, come lavoretto, come disturbo psicologico cercando comunque di prenderne le distanze. Il piccolo borghese fa sempre la cosa più intelligente e sempre la spesa mirata, provando un brivido quando compra qualcosa di non previsto fosse anche un formaggio non in offerta. Io provo un brivido di noia quando mi rendo conto di aver comprato solo cose utili.
Dalla piccola borghesia è difficilissimo affrancarsi. E’ un’operazione disperata, bisogna accumulare diottrie sui libri, ammirare arte sconosciuta e dire no di tanto in tanto a chi rappresenta l’autorità. Il piccolo borghese deve arrivare un giorno a rendersi conto di quanto la sua esistenza sia mediocre, sbagliata e priva di qualsivoglia valore. Questo è il primo passo. Non sono così ingenuo da pensare che sia possibile un mondo di persone che sterzano all’ultimo, con stridore di gomme e sobbalzi in abitacolo, ma guardatevi state davvero iniziando a camminare tutti con climatizzatore acceso, cambio automatico e controllo della velocità.
La Grecia è in crisi. Molti dicono basta aiuti. Dicono che abbiamo già dato troppi soldi alla Grecia. Si ipotizza anche un’uscita dall’Euro. C’è paura del “contagio greco”. Oh oh oh “il contagio greco”, finiremmo per infettarci tutti. Io come sempre sono il solito incastrato nel passato. Sono davvero molto legato al paese ellenico, sarà che secondo una scuola di pensiero abbastanza consolidata sono stato concepito a Santorini, sarà che tutti noi dobbiamo qualcosa alla Grecia. Che ci ha infettato con la poesia, con la filosofia, con la religione, con l’architettura, ma soprattutto con una parola che ha di fatto influito su tutta l’evoluzione dell’occidente come lo conosciamo oggi: democrazia. Nulla sarebbe così com’è, se non ci fosse stata la Grecia, tutto sarebbe più rozzo, più involuto e probabilmente più elementare.
I romani, popolo intelligente, si resero conto ad un certo punto che avevano bisogno della Grecia per evolvere, non bastava più essere romani, bisognava essere romani addolciti dai greci ed Orazio scrisse Graecia capta ferum victorem cepit, la Grecia conquistata conquistò il rude vincitore. Pensate se i galli fossero stato il faro culturale su cui ispirarsi per l’educazione di un impero…triste destino. Questo ci obbliga a continuare a pagare le loro cambiali, ci obbligherà a farlo almeno finché utilizzeremo i loro insegnamenti, abbiamo un debito immenso e, da romantico, ancora credo che i debiti si paghino anche dopo millenni.
Lo so non dovrei riderne ma stamattina ho visto un anziano con un cappello buffo. Un cappello di lana da donna con un fiocco nero. Se sapessi disegnare farei uno schizzo. Ma per rendere l’idea immaginate vostro nonno senza dentiera. Fatto? Bene adesso prendete dal vostro cervello l’immagine di uno di quei cappelli da macchinisti di fine ‘800, appiccicateci sopra un fiocco nero alla hello kitty. Ecco girava con questo buffo copricapo, tutto sudato si trascinava per la strada. Magari aveva l’alzheimer.
Sono risalito oggi da Napoli. Ho trascorso qualche giorno fuori programma tra la mia gente, splendida e intensa come sempre.
In treno osservavo il cielo. Nero, gravido, densissimo, pronto a scoppiare; come se da un secondo all’altro dovesse squarciarsi ed urlare, raccontando, chissà quale verità al mondo. Rompendo una cataratta, un groppo che gli impediva di piovere [piangere].
Domani a Roma è festa: S.Pietro e Paolo. Ovviamente anche Paolo è Santo solo che si omette di ripeterlo, dandolo per scontato. Il caldo preme con forza. Anche una sigaretta gauloises rossa ha un retrogusto di cucciolone, è irrimediabilmente estate. San Gennaro capita a settembre, a Napoli quindi la giornata di festa non la godi davvero. Hai un anno davanti appena incominciato. Non che io qui stanotte faccia follie, ma la pausa davvero serve, per riflettere prima dell’apnea delle vacanze.
Penso che io sono nato nell’82, i miei si sono sposati nel 76. Potevano farmi un po’ prima. Tipo nel 77. Avrei goduto appieno degli scudetti del Napoli (87/88 – 89/90). Non avrei portato all’università la riforma del diritto commerciale, che non mi fece dormire per mesi. Avrei presumibilmente un contratto lavorativo davvero vantaggioso. Avrei forse superato quasi indenne la crisi. Non starei certamente qui a scrivere. Forse avrei dei figli, una moglie e magari una Porsche. Starei presumibilmente cercando una casa al mare sulla spiaggia, per svegliarmi la mattina presto scendere al mare con i bimbi e fargli prendere il sole migliore. Una casa con giardino per lavare la Porsche con calma, mentre mia moglie parla con gli amici se aprire o meno una bottiglia di prosecco gelato. Penserei a una pensione integrativa. Voterei Casini perchè si coniuga con il mio spirito di stabilità. Farei spese davvero utili. Forse avrei smesso di fumare o scrivere. Avrei smesso di pensare che sono padrone della mia vita. Che le promesse si rinnovano ogni giorno. Che essere un po’ boemi, un po’ strafottenti, è irresponsabile.
Certo che per la Porsche, Volente o Nolente, si fanno sacrifici. Mica te la regalano come Volkswagen qualsiasi. Devi sudartela e Dio solo sa quanto sto sudando ora, il termometro beffardo segna 28.
Cinico Giurista e Critico Letterario su un quotidiano. Felice guidatore di una automobile cabriolet, amante del teatro e del cinema, di Gozzano e Marinetti. Amante di Se stesso. Informatore sofisticato per lettori privilegiati.
odi et amo
Odio : La volgarità
Amo : Sigarette francesi, gauloises.
Accendere le stesse con un accendino di metallo o con un fiammifero, adoro il rumore del fiammifero e il suo profumo.
Salmone scozzese, lo preferisco molto al norvegese.
Whiskey irlandese di marca Jameson.
Sigari di dimensioni “petit corona” marca Montecristo.
Ascoltare musica brasiliana.
Luci soffuse e penombra per riflettere di sera.
Non abbassare mai le persiane andando a dormire, amo risvegliarmi col sole.
Collezionare piccole cose di cattivo gusto, trarne la bellezza.
La velocità, le automobili inglesi, o le classiche sportive italiane, comunque automobili che mi diano risposta pronta nel momento in cui pigio l’acceleratore.
Sentire vecchie canzoni italiane e i Queen.
Amo anche la musica trash.
Indossare la cravatta, il cappotto lungo o un pullover a collo alto.
Amo l’inverno, ma da un po’ sto iniziando ad apprezzare anche l’estate.
Amo le suonerie dei cellulari tradizionali.
Guanti di nappa nera, con cachemire all’interno.
Ascoltare musica in auto e viaggiare di notte.
Un buon vino rosso siciliano.
Il panettone con l’uvetta e senza canditi.
Mi piace riflettere e osservare gli uomini.
Amo le donne che parlano a bassa voce.
Amo le donne che hanno qualcosa da dire.
Il sassofono ed il piano sono i miei strumenti preferiti, mi piace Chopin.
Non credo nella democrazia.
Amo il decadentismo e il futurismo.
Amo essere confuso.
Preferisco i soggetti alle nature morte.
Il latte intero.
L’acqua e le fontane.
Bere alle fontanelle.
Leggere giornali non schierati politicamente.
le persone dolci e propense all’ascoltare.
Il gelato al pistacchio della gelateria “Otranto”.
Il motorino in città, anche con la pioggia.
La pioggia.
Le parole francesi, tipo “boudoir”.
David Lynch, Kubrick.
Un buon film al cinema.
La parmigiana di melanzane.
Le ostriche al “grand caffe le cappucin”a Parigi.
Il lenzuolo nuovo dopo la doccia.
I massaggi.
Il papillon ben annodato alla prima del S.Carlo.
Affondare i piedi nella sabbia tiepida.
Una doccia dopo il mare.
Le persone che ti guardano negli occhi quando ti parlano.
Muovere la mano in maniera mai brusca.
Andare a letto quando tutti sono gia a letto.
Fare scali tecnici mentre si vola.
Affondare nelle poltrone della buisness class.
Lo skyline di Pudong visto dal bund di Shanghai.
Las Vegas a mezzanotte mentre la fontana del Bellagio esplode con la musica di Gene Kelly.
Il caldo secco della Savana in Tanzania, la polvere che ti sporca e la piscina del Plantation Lodge che ti aspetta a mezz'ora di Jeep.
Concedersi un riposino pomeridiano estivo in Hyde Park a Londra.
Il cielo della Scozia sempre così imprevedibile.
Un tramonto su ponte Carlo a Praga.
Il corno d'oro di Istanbul, all'alba alle 6.00, ma visto dal mare.
Amsterdam e la sua leggerezza, Barcellona e la sua lievezza.
Il suk di Marrakech, dove sei sicuro di aver fatto l'affare della tua vita ma poi vai in Tunisia e ti senti un idiota, arrivi in Egitto e pensi che non ti è andata poi così male.
Il Sahara, maledetto...
Il golfo di Napoli al tramonto, così conosciuto ma così tremendamente inatteso.
Un’uscita in barca nell’Auraki Goulf ad Auckland in Nuova Zelanda.
Aggiustare i capelli sopra l’orecchio alla ragazza a cui voglio bene.
Un bicchiere di mirto sul balcone quando tira vento e il tempo minaccia pioggia.
Un cappello a falde larghe.
La camicia sempre e comunque, anche sul costume da bagno, bianca, azzurra oppure a righine. D'obbligo le iniziali.
La mia coscienza : Fiera
La mia sorte : comunque certa