quando piansi in volo

scritto da sanfedista il 26 marzo 2015,16:21
Una volta ero in volo. Stavo andando in nz da solo, erano circa 33 ore di viaggio. roma dubai, dubai singapore, singaporte melbourne, melbourne auckland. Volavo da circa 16 ore. Avevo visto tutti i film disponibili, letto tutti i libri disponibili e bevuto quasi tutto il gin disponibile a bordo.
Gin Tonic. Un deliziosa pozione magica per me che non chiudo occhio passati i 15.000 piedi. Volavo sull’aeroporto di singapore. Notte fonda. Il comandante annuncia l’atterraggio. Avevo 22 anni o qualcosa di meno. “Cabin crew ready to landing“. Rimesso in posizione eretta lo schienale, chiuso il vassoio e allacciata la cintura, incomincio i miei riti scaramantici, quelli che mi accompaganano sempre al decollo e all’atterraggio. “Cazzo, alzati da bravo, vai, vai, vai, vai, dai da bravo alzati”. Lo ripeto tutte le volte che l’aereo rulla sulla pista in fase di decollo, quando sento i motori che urlano e quando si arriva al punto di decisione, ovvero la velocità a terra oltre la quale la procedura di decollo non può essere interrotta, o abortita come dicono i piloti, e l’aereo deve per forza decollare. In atterraggio guardo invece compulsivamente il suolo ed entro in un insolito mutismo.
L’aereo non atterrava. Anzi riprendevamo quota e giravamo sull’aeroporto come api di plastica sulla culla di un neonato. Non era nulla di davvero preoccupante. Ma non so perchè dopo 20 minuti che non si atterrava scoppiai a piangere. Un pianto di bambino. Da essere indifeso. Ero a 15 mila piedi sopra Singapore da solo e stavo andando agli antipodi da solo. Mi sono sentito per la prima volta nella mia vita indifeso in qualche modo. Piansi prima sommessamente, poi più forte. Attirai gli sguardi dei passeggeri vicini. Nessuno intervenne in alcuna maniera. Stress, paura e stanchezza. Piansi finchè non atterrammo. Il viaggio era appena incominciato, sarebbe stato il mio rito di passaggio verso l’età adulta. C’è sempre un viaggio che ti cambia la vita, questo era il mio.
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la corda

scritto da sanfedista il 19 marzo 2015,16:36
dove fuggi via? dove di fretta scompari nel bosco? Da dove mi guarderai voltandoti?
l’aria di che luogo si farà vento sulla faccia per il tuo correre. Quanto allungherai la corda, quanto la allungherai prima di renderti conto che non esiste, che arrivata ai confini del giorno nulla ti tratterrà la caviglia?

senza metafore

scritto da sanfedista il ,15:50
eppure imparai a scrivere senza metafore. imparai a scrivere e a descrivere senza più paragonare i pensieri agli stagni salati, le lacrime a gocciole di catini che scorrono via solo quando il recipiente è colmo, o te a un grammo di elemento chimico appena scovato. imparai ad osservarti senza paragonarti a nulla, mi liberai dal tutto l’inutile che distoglieva il pensiero dall’essenza di te riassunta in te. La mente non s’allontanava dal tuo concetto in cerca di parole già dette o panorami visti, fisso su di te, come il mio occhio fisso su di te. Un nuovo assoluto, un paragone senza precedenti.