frase del giorno
SQUILLINO LE TROMBE! E TROMBINO LE SQUILLO!
SQUILLINO LE TROMBE! E TROMBINO LE SQUILLO!
Noi italiani siamo fatti così. Durante i mondiali di calcio siamo tutti CT della nazionale. Durante le olimpiadi siamo tutti esperti di tiro con l’arco, durante i terremoti tutti geologi e quando ci sono le manovre finanziarie siamo tutti economisti, nei delitti tutti criminologi. Ovviamente durante i conclavi siamo tutti vaticanisti esperti. Io dico la mia. In realtà è un auspicio più che una predizione; per me figlio ormai tiepidissimo di Santa Romana Chiesa, l’uomo giusto è O’Malley. Vedremo.
Ho avuto un po’ di danari. Non mi dilungo sul quantum, basti sapere al lettore che sono una cifra che merita di essere investita. Mi reco alla mia banca, faccio per parlare, un piccolo singulto e mi rispondono “un momentoooo”. Riprendo il coraggio e insisto “vorrei avere informazioni su alcuni investimenti”.
“Ma poteva dirlo subito no? Pensavo fosse uno di quei seccatori che ogni giorno vengon qui a cercar di cavarci danari. Ma che si prendano una bella pistola e ci rapinino, sarebbe più facile in questo modo per loro ottenere contanza”.
“No, no vede io vorrei darvi dei soldi, vorrei cercare di trarre un po’ di profitto, magari guadagnando qualcosa oltre la svalutazione”
“Eh – fece il direttore scuro in volto – vediamo un po’ cosa c’è. Ah non si fidi dei promotori finanziari – urlò sollevando gli occhi dal monitor – sono una lega di tagliaborse che non offrono alcun tipo di garanzie, topastri degni della miglior Londra vittoriana”
“O della Napoli del 2007, in emergenza rifiuti”.
Silezio, nessuna risposta alla battuta. Sempre più scuro in volto, quasi stesse esaminando le lastre di un moribondo il direttore ad un tratto trasalì.
“Ecco qui quello che fa per lei! San Paolo, conto zecchino. Una grandissima novità. Orgoglio della nostra Banca, della nostra grande Banca, degna dei migliori istituti di credito della City vittoriana”
“O della Regione Bassoliniana”, aggiunsi io spericolato.
“Le spiego questa soluzione: San Paolo, conto zecchino. Ah le dico subito che non ha a che fare con lo zecchino d’oro; lo dico perché ha un irriverente gusto per la battuta”.
“Io un po’ ci speravo fosse legato all’andamento delle canzoni per bambini, o delle rendite del loculo della Maestra Venerabile Mariele Ventre”
Senza nemmeno guardarmi proseguì: “Comunque il conto Zecchino si tratta di un investimento fondiario. Nel senso che dietro la nostra filiale c’è un campo miracoloso. Io le cambio in contanti l’investimento e lei lo va’ a seppellire lì dietro. Entro 18 mesi vedrà che, scavando nuovamente, avrà un bel rendimento del 2,47%”.
Mi alzai molto lentamente dalla sedia, il direttore cominciò a ridere come uno squilibrato.
“Dove va’? Abbiamo appena iniziato a proporle i nostri investimenti – Alzava il tono di voce proporzionalmente a quanto mi allontanavo – Ci sono gli investimenti fagiolo magico, un due tre stella e il tasso schizza, non se ne vada rimanga ancora un po’…”
Guadagnai l’uscita, mica sono scemo io. Mica mi faccio fregare dalle banche. Che si sa che le banche ti fregano. Aspettai sera, attesi la chiusura della filiale, presi una pala e cominciai a scavare. Decisi di farlo da solo senza dirlo alla banca, così mi garantivo il guadagno senza pagargli la commissione. Quando feci un bel fosso ci buttai i soldi dentro e li ricoprii. Li tirerò fuori a settembre.
Troppa ideologia e poca logica
Rientro dopo tanti anni nella schiera di quelli che si decideranno alla fine, occupando la cabina come il bagno di una discoteca. Comunque voi votate bene.
Da Nang,
ore 1,32
Da Nang non è Saigon. Quello che c’era di grandioso a Saigon qui è umano. Compiti di routine. Redazione dispacci, organizzazione catena di comando. Controlli truppe e parate. Immense parate. La divisa sporca è ora alta uniforme impeccabile. Cene all’ambasciata e cocktail dai generali e dai papaveri in visita. La guerra qui più vicina, paradossalmente appare invece più distante. Attutita dalla realtà più familiare che tutto pacifica. Il rumore degli elicotteri che pur sorvolano il cielo e dispiumando le pale sul sole, è attutito dalla banda; una banda che suona più forte del mortaio.
I feriti sorridono, trovano anche le forze per ballare a volte. Certo di tanto in tanto si pensa al dolore, si guardano le medicazioni. Ma mai con timore o dolore. I tagli, i segni delle schegge o dei proiettili sono varchi aperti sulla battaglia. Pensi al dolore solo per rinfrescare il ricordo della prima linea, che manca solo per qualche istante. Un bicchiere di vino non pesa come un m-16 e quindi i muscoli forti, abituati a sostenere ferro, devono riabituarsi. Ti rendi conto alle volte di utilizzare una forza spropositata per compiti molto semplici. Ma l’addestramento è quello e non puoi farci nulla. Scavi nel caviale come scaveresti una trincea.
Per la prima volta sento il tintinnio delle medaglie, che non trovano posto sulla mimetica. Da Nang è bella, è ancor più bella perchè è in guerra. Ma Da Nang è da sempre in guerra e quindi qui sono tutti, in qualche modo, reduci come te, ed allora ti puoi anche confondere tra i tintinnii. Puoi anche perderti con gli altri reduci, che, infondo, basta uno sguardo per capirsi. Un mezzo sorriso per afferrare la fatalità dell’esistenza di chi ha imparato, prima di te e meglio di te, a scavare nel caviale come si scava nel caviale. Dissimulando il fatto che domani potrebbe non essercene e soprattutto assaporandolo, anche la prima volta che lo si mangia, come un alimento che si conosce da sempre. Il caviale qui a Da Nang non è diverso dall’hot dog: è cibo e si consuma con l’allegro distacco con cui si consuma tutto. Penso sia il mio posto, penso che dopo Saigon non potrei essere altrove che qui.
DISPACCI PRECEDENTI:
http://www.sanfedista.it/2012/09/06/ultima-notte-a-saigon/
http://www.sanfedista.it/2008/06/24/saigon/
Uscire dal w/e, è sempre come risvegliarsi in un posto diverso da quello in cui ti eri addormentato.
ed il fumo che sale da chissà quale
sigaretta,
un camposanto di mozziconi tra i denti schiacciati
100 becchi gialli riposano in groviglio
e se non scorgo quello che ancora si consuma
per me ardon tutti in unico giaciglio
e ci impazzisco, vi assicuro,
vorrei riveder per un istante sotto la bragia
il diamante che brilla,
il carbone rossastro,
la scintilla
di quell’ultimo tiro
che tanto m’appartiene da non sopirsi mai
che va’avanti a strinare distante dalle mie labbra,
come un urlo che caldo di fiato
non si raffredda in lontanaza
ma continua a vibrare
…si vince solo quando non ci sono più battaglie ed in amore la guerra è infinita, perché la stessa sostanza di amore è il contrasto; è conciliare due volontà che nate diverse non potranno mai fondersi in un’unica verità ma solo in un ammissibile dubbio