Ultima notte a Saigon
Saigon (stella del sud)
ore 00.48
Charlie ha vinto su tutto il fronte. I bilanci non si fanno quando dalla prima linea tornano solo i cadaveri. Sono caduti tutti. Abbiamo resistito finchè ce n’è stato. Scarsi a munizioni e viveri, con il nemico che soverchia. No, no, sarebbe insensato e folle restare. Eppure noi avremmo sparato ancora perchè le cose insensate e folli sono quelle che differenziano la vita dall’esistenza. Fiamme ovunque, zanzare raddoppiate. Alcool non più centellinato poichè domani non ne avremo più bisogno qui. Saigon è persa ma è oramai svelata, il suo fascino arcano è ora noto e l’abitudine, fosse anche quella della trincea, è deleteria ed è comunque meccanica, industriale e standard. C’è chi dice che almeno ho portato la pelle a casa. La pelle, ma lascio qui un morso di cuore. E poi c’è ancora un’ultima notte.
Progetti per domani? Non torno alla mia vita normale. Non ne ho vissuta una eccezionale e poi la vita non è mai normale. Perlomeno non per me. Stanotte ultimo giro di guardia, ultima ronda, ultimo sguardo a questo posto che ho odiato, che ho combattuto, ma a cui ho appartenuto. Si torna a casa, c’è qualcosa di più dolce? Quanti posti al mondo chiamiamo casa? Eppure Saigon pur non essendo casa è stato per me molto di più. Un luogo, un nemico intravisto, battaglie vinte, un mezzo, cicatrici e conseguenti medaglie. Saigon è stato per me quello che il viaggio è stato per Ulisse. Ossessionato da Itaca. Ma non sarebe stato Ulisse se non avesse compiuto il viaggio, tanto che quando raggiunse infine Itaca si dice ripartì. Ostinazione, passione e nostalgia. I lampi dell’ultimo fuoco di copertura brillano come non mai. Sono certo che anche al nemico mancherò perchè non ci sono charlie se non ci sono invasori. Non ci sono eroi in tempo di pace. La guerra prosegue, come disse Badoglio, non qui. Non ora perlomeno. A casa mi guarderanno all’inizio come un veterano, durerà però poco perchè chi non è stato a Saigon, uscendone vinto, non capirà mai il senso vero di una tensione costante che ti spingeva contemporaneamente su due poli opposti. Combattere o tornare. Sono cocciuto, caparbio e stronzo. L’avessi combatutta secondo le mie regole l’avrei vinta. Invece torniamo.
Generazione generosa, pura, la migliore di sempre, ma le munizioni finiscono, i pugni sanguinano e ci si ritrova come scintille di una forgia, di un fabbro, sparati nel buio.
Ultima notte a Saigon, ma la divisa non la brucio, tornerà utile, qui o altrove.
Chiudo con un comunicato:
La società delle rose rosse entra in sonno. I membri sono tenuti ad operare in silenzio senza però riunirsi. Valgrand ha avuto un incidente, si è schiantato su di un muro. E’ morto, ma c’è chi giura che il secondo prima dell’impatto avesse un sorriso vero, grande, reale, come se tutta la sua vita precedente l’avesse condotto a quell’istante ed in quell’istante avesse trovato la sublimazione del suo essere. Onore a Valgrand e che le sue gesta siano ricordate in eterno. Gli esempi di follia in questi tempi di cautela sono preziosi. Onore a Valgrand.
In appendice il link al primo dispaccio, risalente a 4 anni fa:
http://www.sanfedista.it/2008/06/24/saigon/
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